Il popolare attore televisivo a Gubbio per girare Don Matteo, racconta esordi, passioni, frustrazioni e successi
Gubbio alle due del pomeriggio è pigra, sorniona, una città maliarda che vuol farsi ammirare da chi vuole poco frastuono e tanta bellezza. Con questi pensieri che mi frullano per la testa, mi dirigo decisa verso via della Repubblica. Gli uomini della troupe di Don Matteo già stanno lavorando alacremente per preparare il nuovo set della fiction, giunta alla sua quarta edizione. Aspetto il capitano Anceschi, o se preferite, l’attore Flavio Insinna, per un’intervista. Non tarda a palesarsi Flavio, abiti sportivi, sorriso pronto, bontà fatta persona.
Il giorno precedente l'ho avvicinato in piazza 40 Martiri, chiedengoli un'intervista.
"Ma certo: tv o carta stampata?" ha risposto entusiasta.
"Carta stampata". Mi sentivo tanto emozionata. L'appuntamento alle due del pomeriggio successivo. Peccato che Flavio abbuia proprio dimenticato l'intervista, il giorno dopo. E adesso? abbiamo pensato un pò scoraggiate. I tempi di un set sono rigidi e non è possibile procrastinare. Niente paura. Flavio non 'è perso d'animo: "Seguimi, mi devono truccare. Intanto, comincia a farmi domande sulla roulotte". Che intuizione meravigliosa. Il clima cameratesco che si respira mi mette di ottimo umore. E così,
attorniata da ben sei persone affaccendate e che ringrazio sin da ora per
la disponibilità usatami, comincio un’intervista a tutto tondo con uno
degli attori più simpatici e straordinariamente affabili del panorama
televisivo italiano.
Allora, Flavio, anzitutto cominciamo dall’inizio. Mi parli di te, e della tua giovinezza? Che studi hai fatto?
Ora ho quasi 39 anni; mi sono diplomato al liceo classico. La mia principale passione è sempre stata quella della recitazione e così mi sono iscritto, una volta terminati gli studi, nel Laboratorio Teatrale di Gigi Proietti dove mi sono diplomato nel ’90.
Parlami di quel periodo…
Gigi Proietti è un fenomeno e umanamente e professionalmente. Una persona di eccezionale carisma che sa guidarti, se tu vuoi imparare. Lui aveva una pazienza infinita con noi alunni. Se tu collaboravi e mostravi di voler apprendere, era una persona capace di stare tutto il giorno lì con te per una battuta. Nessuno di noi voleva mai perdersi una sua lezione, tanto era bravo. E’ dotato di una straordinaria auto-ironia che lo portava a sdrammatizzare gli eventi. Intendi: non ciò non voglio dire che mancasse di severità. Ce lo diceva sempre: “Ragazzi, la recitazione non è uno scherzo. Le regole si possono trasgredire, ma prima bisogna conoscerle a menadito.”
Una scuola meravigliosa con una persona stupenda. Chi devi ringraziare Flavio per ciò che sei adesso, e professionalmente ed umanamente?
Il grazie alla vita lo debbo ai miei genitori. A papà che è medico, con l’esempio e con i valori più importanti che mi sono stati trasmessi e con quella disciplina che mi ha portato a non far parte di quella percentuale di ragazzi sbandati, nella quale potevo essere, perché no? anche io.
Che cosa vuol dire recitare per te, Flavio?
C’era un attore Edmund Kean che asseriva che si recita per non conoscersi. Non ti basta la tua semplice vita e quindi scegli di ricoprire le vesti del parroco, del carabiniere. Se ci pensiamo bene, recitare è un continuo conoscersi ed un continuo ricoprire nuove anime. Molti scelgono la recitazione perché questa è un percorso conoscitivo ed è…molto meglio dell’analisi!
Dopo Proietti cosa hai fatto nell’immediato?
Facevo degli spettacoli ricordo negli scantinati, nei teatrini, dovunque potessi dire di avere un pubblico per poter dimostrare il mio talento, ma era innegabile che l’angoscia mi attanagliava. Sai, questo è un lavoro che è un azzardo. Puoi sfondare, ed allora come vedi tu stessa, sei un privilegiato perché hai tutti ai tuoi piedi, sei trattato con guanti di velluto. Oppure puoi finire la tua carriera prima ancora di averla cominciata.
Comunque, poi, è arrivata la prima serie della Lux, la casa di produzione a cui io sono legato da profondissimo affetto: “Uno di noi”, con Virna Lisi e Gioele Dix.
Come ti sentivi a recitare accanto a dei mostri sacri del cinema e della tv?
Era come fare le vacanze-studio. C’era solo da apprendere. Mi sono divertito tantissimo con i bambini che avevano lavorato con noi.
E poi?
Villaggio, Abatantuono… Abatantuono è una persona eccezionale…veramente! Con una profonda umanità e disposto al dialogo. Come lo è Terence Hill. Tipi normali nella loro grandezza.
Che impressione hai avuto di Gubbio quando sei venuto in città la prima volta?
Mah, ad essere sinceri ero stato in gita con i miei nella vostra città che ora è anche mia, da piccino; e per qualche marachella che dovevo aver combinato, rammento che il rientro a casa era stato alquanto burrascoso.
Era di notte, c’era la neve, quando arrivammo con la troupe. Non vedevamo nulla. Ci siamo detti: chissà? E siamo ancora qui.
Penso che Gubbio non ci abbia regalato niente, questo sì. Ci han pesato, valutato e si è creato questo straordinario rapporto che va avanti dal ’98.
I carabinieri vi hanno dato una mano durante le riprese?
Sì. I carabinieri forniscono i loro mezzi, le macchine.
Verificano i copioni.
Le divise sono originali.
La serie di Don Matteo è stata inclusa nel calendario dell’Arma dello scorso anno.
Una consacrazione. Hai parlato sempre bene di Gubbio…Ma un difetto? Lo avrà pure la nostra cittadina. Un po’ chiusi, dicono alcuni, questi eugubini…
Leggende metropolitane. Ti posso assicurare che ho visitato per lavoro tante città, e la cordialità, l’affabilità e la disponibilità che ho trovato qui da voi non l’ho riscontrata in nessun altro luogo.
No, non dipende da voi, ma da me. Io per parte di padre, sono per metà siculo. Pensa che vengo a passare i miei week-end, appena posso, a Gubbio. Ho trascorso le festività natalizia da voi…Mi oppongo però all’acquisto a Gubbio di una casa dove poter trascorrere i momenti di relax, perché per me il clima è troppo rigido! Solo questo.
Cosa ti manca di Roma, quando sei a Gubbio?
La famiglia, gli amici. Ma so bene di essere un privilegiato; di fare un lavoro che mi permette, se e quando lo voglio di poter tornare, impegni permettendo, nella mia città.. Qui a Gubbio mi sento totalmente a casa. Non mi manca nulla di Roma.
Una giornata tipo sul set?
Va dalle 8 alle 10 ore. Cominciamo col trucco, poi gli abiti di scena e via a girare! Anche in notturna.
Siete tutti gentilissimi. Si respira un’aria meravigliosa sul vostro set. Qual' è il segreto di una fiction come questa?
La forza della troupe, l’affetto della gente. Questo remare a favore della fiction da parte di tutti, dal regista al singolo eugubino, continua a farci produrre a ritmi elevati, a volte forsennati, un prodotto d’alto livello.
Hai un aneddoto curioso da raccontare che è successo durante la lavorazione?
Sì, un giorno un’autista doveva portarci nel set; era di martedì mattina e c’era il mercato, ricordo. Questo signore era ingessato al braccio. Io e Nino Frassica eravamo già pronti in divisa…Io mi sono offerto di guidare la macchina e… com’è, come non è mi son visto prelevare dai carabinieri Bennardo e Antoniello, ora miei grandi amici, per chiarire l’accaduto, appena giunto nel set. Avevo commesso diverse infrazioni nel frattempo. Per fortuna me la sono cavata solo con una piccola multa pagata dalla produzione.
Un’ultimissima battuta prima di cominciare le riprese?
GRAZIE GUBBIO!
Anna Maria Polidori
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