Sunday, December 15, 2024

La Suggeritrice di Emanuela E.Abbadessa

 È un libro, una storia, La Suggeritrice di Emanuela E.Abbadessa


pubblicata da Neri Pozza  che non vi lascerà indifferenti.


Comincio subito col dire che il personaggio di Franca non mi piace tanto. Preferisco di molto Cristiana, la ballerina. Sarà perché in quell'ambiente c'è aria, velocità, non c'è tempo per elucubrare, pensare o sviluppare trame: è tutto così immediato, c'è così tanta fatica fisica che il cervello mulina a mille all'ora e vede solo realtà bella, mai quella brutta. C'è leggerezza, non pesantezza, in tutti i sensi. 

Se Franca non fosse inciampata in Cristiana, probabilmente sarebbe rimasta "la signora del pianoforte della scuola di danza". I suoi giorni si sarebbero consumati tra una routine fatta di letture, suonate al piano e tanta solitudine. Invece, grazie a Cristiana, questa donna ha potuto sviluppare la sua persona appieno, diventando una signora di successo. 

Le amicizie, o gli incontri fortuiti, possono cambiare in meglio i destini delle persone. 

Il libro si apre con Franca che, pianista senza troppe ambizioni, ogni giorno suona in una scuola gestita dalla russa Petrenko. 

Vede passare decine di bambine che amano la danza. Un pomeriggio la signora Petrenko chiede a Franca se può rimanere. Entra Cristiana, che su musiche del Lago dei Cigni, comincia a volteggiare come mai nessuna altra ha fatto fino ad ora. 

Franca sente che le sue note stanno librando per aria la ballerina. Una sorta di sortilegio. Finita la lezione Franca sta tornando a casa. Passeggia con in mente quella ballerina così brava, quando sente qualcuno chiamarla. È proprio Cristiana Villa, che si complimenta. Le dice che è proprio brava al pianoforte, mentre altri fanno pena. Comincia una bell'amicizia. Franca in genere trascorre le sue giornate a casa a leggere, durante il tempo libero, priva di amici perché introversa. A volte va a trovare la madre nel suo paesino. Siamo alla fine degli anni '50. 

La madre di Franca non capisce questa figlia che è voluta andare via, ha studiato, quando poteva essersi sistemata con qualcuno del posto. Non crede nel suo talento e scuote il capo rassegnata. 

Cristiana porta una ventata di novità nella vita sbiadita di Franca migliorandola di netto.

Franca decide di prendersi cura della ragazza. Le chiede di andare a vivere con lei. Sono grandi amiche, si aiutano vicendevolmente. Finché un giorno, verrebbe da scrivere...

Durante uno spettacolo a teatro, un uomo, Carlo da Milano, in Sicilia per lavoro, vede Franca. Hanno entrambi assistito ad uno spettacolo di Cristiana. Franca non ha spasimanti non uscendo mai. Non è una gran bellezza, nemmeno si cura granché va detto, però compensa con l'intelligenza, l'istruzione. 

Con Carlo si trova bene. Non gli dice che con Cristiana sono amiche. Carlo sente già dei sentimenti per la ballerina. Quest'uomo è un insegnante di storia all'università, affascinato dalla magrezza, dall'elasticità e dalla giovane età della ragazza. Lui non ha più vent'anni. Franca ne ha 29.

Passa il tempo. Cristiana viene accettata alla Scala e incontra Carlo per la prima volta. Se ne innamora o così le pare. Carlo è ossessionato da lei. Intanto Cristiana viene richiesta a Londra. 

Franca è felicissima intanto di questo contatto maschile con cui intrattiene una corrispondenza. Le cose si complicano, quando scopre che l'uomo di cui è innamorata Cristiana è il "suo" uomo. 

Così, Franca diventa una moderna Cyrano de Bergerac (il naso c'è!)

Quando le due ragazze vanno a vivere a Londra insieme, è lei a dettare le lettere da inviare a Carlo. Cristiana non è forte con lo scritto. Quando Carlo alla fine arriva nella capitale britannica resta impietrito dalla presenza di Franca.

Una volta tornato a Milano Franca ricomincia a scrivergli, e al tempo stesso a continua a dettare le lettere a Cristiana.

Com'è, come non è, la ballerina un giorno scopre tutto e manda via Franca di casa.

Lascio immaginare come possa terminare. Solo che, anche qui, ho pensato che il personaggio di Franca sia spaventoso in realtà. 

Come si fa, dopo 40 anni a continuare a fantasticare su un uomo con cui decadi prima era uscita solo una o due volte? 

Franca, che poi ha avuto molto successo, deve aver incontrato decine di uomini con cui poter avere avuto una relazione molto più soddisfacente e senza terzi incomodi. 

Spaventa l'idea dell'immobilismo mentale di questa donna, ma anche di Carlo, che comprende chi sia stata la vera autrice delle lettere che riceveva tanti anni prima, ma che sta zitto.


Un libro prezioso, scritto meravigliosamente bene.


Anna Maria Polidori 


Monday, December 09, 2024

Non Sola (mente) Danza di Maurizio Tamellini

 Maurizio Tamellini



è un uragano di simpatia Ogni volta che ci parlo poi sto bene a lungo, perché è un ballerino che mette tanto buon umore. 

Allegro, propositivo, coinvolgente, con i familiari ha scritto diversi libri sulla dinastia dei Tamellini e visto che gli ho detto che pure noi siamo originari del Veneto mi ha messo in contatto con un suo cugino, autore dei libri. 

Cinque anni fa  Maurizio ha scritto per celebrare i suoi primi 45 anni di attività nella danza un libro dal titolo: Non Sola (mente) Danza


 che però, ha ammesso, non aveva promosso tanto. 

Quello di Maurizio è un lavoro scritto di getto, con sincerità, purezza d'intenti, e un'enorme spontaneità. È questo che colpisce soprattutto. La spontaneità, l'ariosità del racconto. Una vita turbinosa, piena di incontri ma serena, felice e appagata.

Maurizio mette in queste parole e in questi ricordi tutta la sua anima veneta. 

Di origini contadine, il padre era stato cameriere, il piccolo Maurizio non avrebbe mai immaginato di diventare un danzatore. 

Ma Maurizio si lancia in ogni avventura come avrete modo di constatare, sempre con tanto cuore, entusiasmo, passione e vitalità. 

Gli piace la pittura e un suo quadro si trova dal 2003 nella Sala Cecchetti della Scala: per un certo tempo, tra un contratto e l'altro impara l'arte del restauro, fa il cameriere quando il lavoro latita ma, soprattutto, diventa ballerino come suo fratello Roberto, che poi diventerà prete.

Non è semplice stare lontano da casa, lo comprende Maurizio che mossi i primi passi nel 1974 a Verona, sua città natale, dove a insegnargli è la maestra Loredana Venchi vince poi una borsa di studi e va all'Accademia Nazionale di Danza a Roma.  

Parte decidendo che sarebbe tornato a casa solo quando e se avesse concluso qualcosa di buono. 

A Roma trova un primo alloggio, poi per diverso tempo trova un posto dove dormire da una signora straniera con orari infernali ed a volte è costretto a dormire sulle scale di casa perché la signora l'ha chiuso fuori.

Di buono arrivano tante cose belle grazie a Vittorio Rossi,  a Roberto Fascilla, cui Maurizio deve molto perché con lui comincerà un'intensa collaborazione. 

Fa perfino il soldato ed è bravo! Diventa caporale di una brigata nientemeno che missilistica! Sebbene dopo ne combini una, e venga trasferito. 

Essendo un ballerino, il corpo va tenuto in costante allenamento e non è così semplice, perché, se la sbarra può essere fatta da soli a casa, salti, piroette, necessitano di spazi molto meno angusti. Maurizio riesce sempre sotto le armi a trovare il modo di esercitarsi.

Durante il servizio militare danza in Coppelia una produzione con Carla Fracci, raccontando come, subito dopo deve far ritorno in caserma da una città diversa.

Dopo alcune esperienze vola a Parigi e in seguito entra nella compagnia di Roland Petit. Ha due scelte in ballo e d'impulso preferisce questa compagnia. Purtroppo il clima tutto è fuorché buono. 

È la Scala, però dove entra e dove danzerà a lungo che gli regalerà infinite soddisfazioni. Con questa compagnia girerà il mondo e soprattutto danzerà tutto il repertorio.

Ci sono le descrizioni dei viaggi in terre lontane, i rapporti con i colleghi, la conoscenza con Nureyev, il matrimonio con sua moglie presso la chiesa di San Fedele a Milano, la cerimonia, il pranzo, la nascita della piccina. 

Un capitolo a parte riguarderà la situazione della danza, sino agli anni '90 splendida, poi sempre più ingarbugliata.

L'entrata in scena alla Scala di altri sindacati e il cambiamento, in peggio delle condizioni contrattuali dei ballerini sono una sofferenza che viene percepita chiaramente.

C'è un po' di tutto nel libro di Maurizio Tamellini, ma prima di ogni altra cosa c'è il ballerino, che, con velocità, allegria, entusiasmo, spiegherà l'eccezionalità, le difficoltà, la normalità e la bellezza cameratesca di una vita...danzante!


Ottima strenna natalizia.


Anna Maria Polidori 


Nietzsche al Piano di Frédéric Pajak

 Nietzsche al Piano di Frédéric Pajak


è un piccolo libro di appena 72 pagine edito da L'Orma Editore perfetto come strenna natalizia che racconta il rapporto fortissimo e straordinario di quest'uomo con la musica. 

Più che un pensatore, Nietzsche è stato un musicista ossessionato da quest'arte e da alcuni compositori coetanei . 

Mi ha affascinato questo libro perché mesi fa avevo letto Cosima La Sublime di Francoise Giroud e ne volevo sapere di più.

Questo giovanotto, figlio di pastori e predestinato a divenire un pastore egli stesso, viene cresciuto da sole donne, visto che il padre muore ben presto. 

Viene bullizzato a scuola perché il suo eloquio è forbito, ma Nietzsche non si sarebbe mai piegato a parlare una lingua dialettale, o troppo bassa. 

Sin dall'adolescenza compone brani musicali. Studia, e dopo le superiori si iscrive a filologia. Non pensa proprio di diventare un pastore. 

I compositori che ama maggiormente sono Chopin, Liszt, che era più che vivente e Beethoven.

A 24 anni, ormai giovanotto, comincia ad insegnare e incontra per la prima volta Richard Wagner, l'uomo che diventerà la sua ossessione. 

Viene invitato nella loro proprietà a Tribschen e lì passerà tantissime giornate indimenticabili.

Intanto Cosima, che era stata sposata con von Bulow ma lo aveva lasciato per Wagner, resta incinta del compositore. Avranno così il piccolo Siegfrid, terzo figlio di Cosima. 

Il filosofo comprende la bellezza di questa donna e se ne innamora segretamente. Gli anni successivi sono ricchi di visite ai Wagner, ma Elisabeth la sorella di Nietzsche, resta alquanto contrariata da quel che vede. "È da non credere la quantità di denaro che si dilapida in quella casa, un vero sperpero" scriverà la ragazza.

Nietzsche vede in Wagner un rinnovatore, qualcuno capace finalmente, dopo Beethoven di parlare agli animi, attraverso la rappresentazione delle passioni.

È il 1870: per il compleanno di Cosima sono organizzate grandi cose e il giovane  decide di regalarle la partitura  Eco di una notte di San Silvestro con canto di processione, danza campestre e campana di mezzanotte. I Wagner si mettono però a ridere. 

Nietzsche compone altra musica e stavolta la invia all'ex marito di Cosima, von Bulow, ricevendo una tremenda, tremenda stroncatura.

Compone "L'Inno all'Amicizia" che sancirà la definitiva distanza tra lui e i Wagner.

Comincia a parlare tra sé, ma soprattutto appare chiaro qualcosa: Wagner, sebbene lo voglia accanto chissà per quale ragione, non fa altro che sottovalutarlo e schernirlo.

Distanti gli anni della felicità e della serenità con Cosima e Richard, Nietzsche comincia a soffrire di violenti mal di testa. Ne avrebbe di cose da rinfacciare a Wagner. Wagner infatti, assieme al re di Baviera Ludovico II porta avanti, con la musica e gli scritti, un'assidua campagna antisemita e nazionalista che poi sarebbe sfociata in quel che tristemente sappiamo. Hitler non era un "figlio del caso".

Nietzsche aborriva posizioni del genere che videro coinvolti anche membri della sua famiglia: Elisabeth, la sorella di Friedrich la pensava come i Wagner, e 

sposa un uomo che la porta nientemeno in Paraguay e che lì fonda il movimento: "La Nueva Germania".

Che musica cerca il nostro uomo? Quella dionisiaca, greca. Mentre Wagner rispolvera e dà  nuova luce ai miti germanici, Nietzsche guarda al meridione d'Europa, a noi italiani, a Verdi, Rossini, Bizet. A lui sarebbe piaciuta una musica con cori sacri e e canti popolari.  Nietzsche continua a scrivere e pubblica "Umano Troppo Umano". Le emicranie non lo abbandonano. Più di duecento in un anno, lascia l'insegnamento dopo soli 10 anni di professione, a 35 anni.

Nietzsche in una lettera scrive che Wagner lo ha sedotto, riferendosi a lui come a "un vecchio stregone".

È il 14 febbraio del 1883 quando, a Genova, leggendo un quotidiano, Nietzsche apprende della morte del suo amato/odiato Wagner.

"Egli ammala tutto ciò che tocca" scrive, sebbene la scomparsa del "Vecchio stregone" lo renda ancor più triste.

Riprova ad inviare altre composizioni a Von Bulow, stavolta senza ricevere risposta.

Sempre più malato sarà accudito fin quasi alla fine dalla madre. Probabilmente i grossi problemi neurologici sperimentati erano  dovuti alla sifilide contratta in gioventù.

Quello che ora mi appare chiaro di quest'uomo è che più che aver costruito la sua esistenza, Fiedrich  l'abbia vissuta in funzione di una coppia: quella dei Wagner. E questo, lasciatemelo scrivere, è di un triste unico.

Una lettura chiara, rapida, che restituisce un ottimo ritratto di Nietzsche.


Consigliato a tutti!


Anna Maria Polidori 

Wednesday, December 04, 2024

Le Storie dei Gattini Moppet e Tom di Beatrix Potter

 Ricevuto giusto or ora da Interlinea, questo tenerissimo libro per bambini, Le Storie dei Gattini Moppet e Tom 


di Beatrix Potter, ideale per Natale, racconta le gesta di alcuni simpatici felini in due brevi raccontini riccamente illustrati dall'autrice originale,  La prima avventura vedrà come protagonista la micina Moppet, alle prese con un sorcetto birichino, che gliene combinerà di cotte e di crude, mentre la seconda, la Storia di Tom Gattino è lo specchio di quanto a volte accade nelle famiglie: i bambini vengono vestiti di tutto punto in attesa di ospiti, per poi, durante l'attesa, lasciarli andare a giocare fuori e vederli tornare, orrore! in disordine.

Sono storie carine, queste, che riconnettono i bambini con la natura, la semplicità della vita, gli animali domestici e che donano serenità, tranquillità, bellezza, sogno ma prima di ogni altra cosa, la normalità della vita.

Sono avventure in cui, almeno nel secondo caso, i bambini possono riconoscersi. 

Scegliere questo libro per i vostri piccini, vorrà dire regalare pace, armonia, divertimento! assicurati!

Fortemente consigliato!


Anna Maria Polidori 





Tuesday, November 26, 2024

Beatrix Potter's Gardening Life The plants and places that inspired the classic children’s tales by Marta McDowell

Beatrix Potter's Gardening Life The plants and places that inspired the classic children’s tales  by Marta McDowell


is a dreaming and suggestive book by Timber Press 

perfect also as Christmas's Gift, if you know someone in love for nature, open air, animals, flowers, plants or just, the beautiful and tender world.

Marta McDowell is splendid in the tale of the existence of Beatrix Potter, explaining with great fruibility the way Beatrix intended and lived, for most of her existence, garden's life passing through the stories of her beloved children's books.

It is one of the best illustrated books that I have seen in years, and relaxing, let me add this. 

In the first part, the story of mrs.Potter.

Born in a wealthy family, little Beatrix developed immediately a profound love for flowers and plants. She really enjoyed to play with lizards, hedgehogs and other little wild animals.

With her family, from London, spent some vacation time in wonderful locations. Places  where Beatrix  developed her passion for gardening have been South Kensington, Dalguise, and Camfield Place. 

Vacations for the Potters were an adventures because they didn't forget anyone or....any pets: yes, pets included were brought with them in vacation.

Beatrix, drawings apart, a passion she started to have since little, like also  the one for the gardening  in all its expressions, will be  introduced to photography by her father who presented her a camera once a teenager. 

Attracted by every possible creature she could study, she also fell in love for fungi.

At 30 years still unmarried Beatrix wanted to do something. Her late governess, Annie Carter, now married, had three children. Beatrix enjoyed to write them long letters, inventig stories, sending drawings and in one of these letters she sent the first story of four rabbits: one of them was Peter. When Annie read this story, she talked with Beatrix. It was so good! She had to try to publish it! Putting that beautiful idea in a real childrens' book!

After several rejections Warne published it and it was an immediate success.

Norman Warne became an affectionate friend of Beatrix and once he also asked her her hands, although the family refused. He died not too distantly, because of a bad leukemia.

After several months from the departure of Norman, with the royalties of her books, Beatrix bought Hill Top Farm where she hoped to spend her existence with the man she loved.

She also would have brought in her books the life spent in this cottage. She enjoyed gardening, although her garden wasn't formal but a mixture of plants, flowers. 

Althought Beatrix had bought the house, and she worked gardening most of her time there, she lived, because of her status of unmarried daughter, with her parents in London.

Her work as writer and illustrator meant  to her in particular emancipation from parents and family.

After some time Beatrix knew  a local solicitor, William Heelis. He was a beautiful man, all the opposite of Beatrix. Beatrix was short, didn't love to do any exercise, while William was tall, athletic, and loved fishing, playing at golf and much more.

Beatrix when married William was also more old than him: she was 47, the husband just 41.

In the book you also find a section dedicated to the seasons and how Beatrix spent them immersed in a world so colored. The final section is a traveler's guide, for rediscovering places so beloved by Potter for a potential visit.

It is an unforgettable book,perfect for staying in the bookshelf close to other gardening books or close to books of poems and good stories with a happy end.


Highly recommended for sure!


Anna Maria Polidori 

 







Saturday, November 09, 2024

Notes from an Island and The Island by Tove Jansson translated by Thomas Teal

 Notes from an Island and The Island  




by Tove Jansson with paintings by Tuulikki Pietilä translated by Thomas Teal is a new book released by Timber Press. Oh, everyone fell in love for the books by Tove Jansson. 

In this one, so interesting, there is her existence spent in the island she had chosen with the partner for more than 20 years. 

Tove Jansson was born in 1914 in Finland, when the country was still under the Russian Empire, dying at 87 years in an independent country. She was part of a creative family. Her mother was an illustrator and her father a sculpture.

In 1945 as answer to the last World War that left her paralyzed in her ability as a painter, she created this first book of the Moomin, that nice family-trolls that we started to know so well when we were little, and adults, as well :-)

Oh, it was wonderful! Thanks to this first success she obtained a work in a newspaper as cartoonist. She worked at the Moomin till at 1959 when she left it to her brother. Tove had three careers: one as children's book writer and illustrator, another one as a painter and the third one as author of literary novels. Although she spaced in different fields, she has been exceptional everywhere.

Her husband, Tuulikki Pietilä is called in this book Tooti. They lived in peace in their island of Klovharun.

They decided to start to live in an island, something that the couple did for more than 20 years, in 1963. They built a cabin with the help of a local. To them living in an island meant  living in solitude although Tove had previously appreciated other situations involving islands in her existence. 

Their life was pretty wild and they adored it! They searched for fish, they search for wood, they lived in strong connection with nature: for example, apart for their boat called Victoria, an essential tool of their existence, they loved to sleep  in a tent, close to their cabin, sometimes leaving the main house, let's call in this way the cabin, for their numerous guests from the city where Tove was born, Helsinky. They spent magical moments in the wild but in the mid '70s, they understood that maybe it was also better to keep something more human close to them for being able to reach someone in case they needed some help. In 1991 they decided to donate their cabin to local hunters abandoning the island without any other return. 

This book, Notes from an island, was put together by Tove after 4 years, from their traumatic decision of abandoning that island, she had loved so badly. Her husband in the while in the mid '70s had done several drawings of the island. 

There are passionate entires that Tove give us back. Memories, of their dream of a cabin, the way they dreamed it.

Tove describes her life in the island: "I don’t know how it happened, but life became very simple and I just let myself be happy. Tooti cut a hole in the ice for our garbage. We grew quieter and quieter and went about our daily chores as if we’d each been there alone. It felt very relaxed".

They assisted at strong natural phaenomenons, and they also organized a special birthday for her granny of 83 years. 

They haven't never been too abandoned. When there were tempests or situations appeared to be critical, an helpicopter afforded to the area for trying to understand if they were OK. 

Tove writes down some lines in one of the entries on living in an island: " It’s possible that living with one other person makes you quiet, at least on an island. The things you say are mostly just about everyday stuff, and if the everyday goes normally you say even less".

One day she imagined someone looking into their house seeing "The tranquil picture of two people sitting opposite each other at the table with the lamp, each of them doing her own work without the need to say a word".

Leaving an island: "There is a delicate balance between the absolute calm of arrival and the stress of departure".

In An Island the last essay by Tove, that place means freedom: " You walk around your island. No one can come, no one needs to go, you feel completely at ease. The clocks stopped quite a while ago and it’s a long time since you wore shoes. Your feet find their own way; confident and independent, they’ve grown as sensuous as hands".


Highly recommended book! 



Maria Polidori 


Wednesday, November 06, 2024

Come Praga divenne Magica di Franco Cardini

Praga è una città favolosa. È magica, è particolare. Ti strega, non potrai più dimenticarla. Ho vissuto visceralmente questa città nel 1989. Quasi subito dopo la nostra visita il Comunismo sarebbe caduto. L'ho visitata in un momento particolare e ricordo ogni istante come fosse stato ieri. Quando è uscito questo nuovo libro di Neri Pozza su Praga Come Praga divenne Magica 


di Franco Cardini ho richiesto subito di leggerlo. È davvero una poderosa  cavalcata in quel Medioevo che ha sancito la grandezza di questa città così signorile. Tante le leggende e i personaggi che ne hanno fatto la storia, trovate in questo libro la cronaca serrata di quel che è stato. Ho preso appunti dall'inizio alla fine. 

Praga non ha avuto una vita semplice, grazie alla sua posizione geografica. 

Noi italiani abbiamo sempre rappresentato tanto per la città ceca, colonizzandola già nell'Alto Medioevo. Il primo ad arrivare fu il futuro Sant'Adalberto  nel 992, monaco benedettino che vicino alla città avrebbe fondato un monastero, San Giorgio. 

La prima badessa, che avrebbe fondato la parte femminile invece, si chiamava Mlada ed era la sorella del principe Boleslao II. Questo principe divenne cattolico dove aver fatto un viaggio a Roma.

Il primo ponte di Praga venne realizzato in pietra nel 1160 ad opera di operai italiani. 

Un altro personaggio che ha fatto grande Praga è stata la figura di Agnese. Era di Praga ed aveva stretto una corrispondenza con Santa Chiara. Sarà lei a fondare un monastero sulle rive del Moldava.

Tanti sono stati poi i commercianti, farmacisti, venditori di tessuti di lusso, artigiani, che si diressero a Praga per commercio. Anzi: sarebbero arrivati pure i praghesi a Venezia nel XIII secolo. 

Era stato Ottocaro II a volere un interscambio così intenso  Quello che fece Ottocaro fu di tenere buoni i tedeschi, ampliare i possedimenti sino all'Adriatico. Dante lo mise nel Purgatorio. 

Ottocaro all'interno della Cancelleria aveva un italiano, tale Enrico Italiano, per l'appunto. Questo signore innestò il sistema gestionale utilizzato per il Regno di Sicilia, a Praga. Nel 1294 giunse poi a Praga Gozzo da Orvieto con l'intento di redigere un nuovo codice legislativo. Il codice ebbe così tanta fortuna che venne applicato anche alle miniere.

Venceslao II grazie al nostro aiuto coniò una nuova moneta,  il grossus pragensis che sarebbe stata una di quelle  di maggior successo del XIV secolo.

Un altro italiano, Pietro di Pontecorvo fu, durante il regno di Venceslao II cancelliere del regno di Boemia e in seguito vescovo di Olomuc.

Se questa prima dinastia, dei cosidetti Premyslidi, lanciò le basi per un futuro ancor più fulgido, poi fu la volta degli araldici lussemburghesi. Fu grazio a Carlo che fiorirono

relazioni con L'Occidente facendo del Regno Boemo un centro di civiltà europeo. 

Sarà poi lui che fonderà l'università chiamando ad insegnare tanti italiani. 

Al tempo stesso a Perugia, Bologna, Siena, arrivarono studenti boemi. Carlo IV annovererà tra le sue conoscenze anche Francesco Petrarca e Cola di Rienzo. Petrarca ebbe modo di andare a Praga, restando piacevolmente sorpreso dal livello culturale alto, dalla grande educazione, cordialità ed affabilità che aveva avuto modo di provare. 

Un altro italiano chiamato a fare lavori sarà Angelo da Firenze. Spettò a lui la creazione del primo orto botanico praghese, l'Hortus Angelicus.

Ma come nasce Praga? Da una commistione di popoli. All'inizio venne colonizzata dai Celti, poi arrivarono gli indoeuropei, gli slavi.

Tra le opere più antiche e rimarchevoli segnaliamo La Cronaca di Dalimal scritta da un canonico di Boleslav. 

Le donne furono molto importanti per il popolo Boemo e in particolare per la formazione dei suoi Stati.

Come non citare la principessa Olga, russa e svedese che nel X secolo ha dominato la storia del primo principato russo, rendendosi protagonista della prima connessione forte col cristianesimo della compagine kieviana?

Un'altra favola bella riguarda Cech e Lech e un personaggio ammantato di poesia come quello di Libuse.

Libuse era una profetessa poetessa cui tutti davano tanta stima e fiducia. Lei amava sedere sulla cima della collina, ai piedi di un sacro tiglio. Si era sposata poi con un contadino valoroso della stirpe dei Premyslidi.

Non possiamo non menzionare Cirillo e Metodio che sono stati i fondatori della lingua russa, creata dal greco. Questi due monaci aiuteranno la diffusione dei testi fondanti la nuova religione. Il X secolo apparterrà a Venceslao, San Venceslao. È un periodo, quello dei premyslidi che vedrà pietas religiosa accanto a violenza sanguinaria.

I sassoni furono gli ultimi a convertirsi. 

Venceslao, intanto, era stato cresciuto dalla nonna con fede cristiana. La madre di Venceslao fece tutto quel che potè, incluso assassinare la nonna di Venceslao per far sì che questo  credo non prendesse troppo piede. Venceslao venne ucciso quindi da suo fratello Boleslao. Ludmilla, la nonna di Venceslao venne assassinata invece dalla mamma di Venceslao, Drahorima.

Quello era un periodo di enorme conflittualità e competizione tra la chiesa cattolica e quella neonata Bizantina. Ovviamente quest'ultima era promossa a

 gran voce Cirillo e Metodio. Venceslao comunque, durante la sua vita dedicò la cattedrale a San Vito. La scelta cadde su questo santo perché Enrico I L'Uccellatore gli fece dono di una scapola del santo. Ricordiamo che San Vito è patrono degli attori e dei ballerini. 

Boleslao assieme ad Adalberto accelerò la cristianizzazione dei Paese fondando la chiesa di San Lorenzo. Questa chiesa poggia le basi su un tempio pagano. Adalberto verrà assassinato in Polonia da gente contraria alla cristianizzazione.

Successivamente le reliquie di questa persona, che presto sarebbe diventato Sant'Adalberto vennero trafugate e portate a Praga, nella cattedrale di San Vito.

Le mura che Venceslao aveva eretto accoglieranno nella città vecchia la bellezza di 3500 persone

Ci sono poi stati dei personaggi particolari come Dalibor, condannato a morte (sarebbe morto di fame) grande virtuoso di violino, questo strumento gli salvò la vita perché ogni giorno la gente chiedeva di sentirlo suonare e gli lasciava qualcosa da mangiare. Nel 1169 sorse intanto il primo ospedale e nel 1226 venne fondato dai frati predicatori il Convento di San Clemente.

Bonifacio VIII riconfermò  la supremazia del Papato su ogni altro principato suscitando molte proteste.

Nel 1360 intanto Praga sarà afflitta da un problema: i senza-tetto, le persone prive di una dimora stabile sono ben 20-23.000, un numero altissimo. Se all'inizio il problema era questo, nel 1380 arriverà la peste che sterminerà il 10% della popolazione facendo in un mese 3000 vittime.

La gente allora tornò a rifugiarsi in Dio, pensando che la fine del mondo stava arrivando. Nel 1406 e 1407 ci sono altre due ondate di peste così come nel 1414-1415.

Scoppia una recrudescenza antisemita, quando viene ucciso un prete cattolico che stava passando per il ghetto ebraico. Fu una carneficina di ebrei.

Come poi non citare Jan Hus, le sue predicazioni e il suo allontanamento dalla città?


Un libro stupefacente, una full-immersion totale in un'epoca storica ricca di colpi di scena.

Se amate Praga, non potrete non apprezzare questo libro!


Anna Maria Polidori


Sunday, October 20, 2024

Ilaria ou la conquête de la désobéissance de Gabriella Zalapì

È un libro breve, Ilaria ou la conquete de la désobéissance di Gabriella Zalapì, edito da Editions Zoe,

ma sentito, forte, apprezzatissimo da critica e pubblico e soprattutto rimarcante importanti tematiche che riguardano padri e figli, in particolare quando ci sono dispute familiari concernenti i bambini e l'uso ed abuso che ne viene fatto.  Ricatto morale, uso egoistico dei piccoli per ferire l'ex partner.

La storia è presto detta:  un signore senza grande stabilità, un giorno decide di rapire a scuola sua figlia, la piccola Ilaria di 8 anni. Parte così con la figlioletta per un lungo viaggio che si snoderà in tutta Italia. Torino, Bologna, Roma, la Sicilia...Pensate una città italiana e probabilmente questa strana coppia ci sarà stata. Dormono in auto, alloggiano in albergo. Il padre di Ilaria beve molto, fuma troppo, è scombinato. Cerca di essere un bravo babbo per Ilaria, sebbene la ragazzina senta la nostalgia di sua sorella Ana e di sua mamma. Quando torneranno a casa? Ah: non se ne parla per adesso. Anzi! Ilaria dimentica il francese, assorbe l'italiano a ritmo della musica degli anni '80, citiamo Pupo e Battiato per tutti, e via via conosce la nostra terra anche grazie  alle cronache tremende che vedono coinvolti politici e BR. Ci sono notizie felici come il ritorno a Madrid dopo 40 anni al MoMa di New York del Guernica di Pablo Picasso nel 1981.

Un viaggio, quello che affronta Ilaria, vissuto come fosse una nomade. Conosce bambini e bambine, gioca con loro nei brevi momenti in cui si trova in un certo posto: si interfaccia con adulti gentili e cortesi. Nessuno immagina che queste peregrinazioni siano in realtà il frutto di una fuga. No: i due si presentano bene, il babbo di Ilaria è un gran mentitore. D'altronde in caso opposto come potrebbe reggere a tutto questo per così tanto tempo?

Ilaria verrà lasciata addirittura dalle suore dove Fulvio verrà a riprenderla dopo mesi, dimentico del suo compleanno che la piccola trascorrerà al luna park con una suora. La madre riuscirà a inviarle un pensiero, qualcosa che le possa permettere di colorare grazie agli sporadici contatti con il padre della piccina. 

Questo genitore infine, la porterà da sua madre e in Sicilia la bambina scoprirà tante anime gentili. C'è un finale felice e c'è Ilaria che pensa  al termine del libro: Papa se trasformerà en une pièce à l’intérieur de moi, 

Davvero toccante.


Rccomandato!


Anna Maria Polidori


Monday, October 07, 2024

Irena's Gift by Karen Kirsten

An intense book, Irena's Gift,


by Karen Kirsten,  characterized by numerous trips of the author, in the distant land of Poland. 

It's a memoir, in fact. A real story. 

No one knew, in fact, the truth on her family: no one knew that once born, her mother Joasia had been given, at first to an orphanage because her mother was dead and the father internated in a concentration camp, and later to a relative, growning-up in Australia.

Truth, like lies, define at the end the story of a family, giving to it an imprint.


Karen sometimes asked to her granny what was that curious number that there was in her hand, without receiving a proper answer: her granny hadn't never told her that she had been deported in a concentration camp.


Karen grew up with that sixth sense: you understand that there is somethung unsaid in that family, but that, at the same time, everything is perfect.


Because, after all isn't it in this way? Every family has its singularities and unicities. 


But...


One day, a distant person, living in Canada, a certain Dick, Karen hadn't never heard of him before, sent them a big envelope, asking to see them.


And so, Karen understood the reality: that her mother Joasia had been grown up by the relatives of Irena, the wife of Dick, and that Dick was, her grandfather.


Mietek and Alicja were the adopted parents of Joasia, although, she didn't know that. 


It's important to return at that distant times.


We speak of two couples pretty rich, influential Jews, in grade to going on during the last World War conflict because they were rich and they worked in Poland for Germans. There is the reconstruction of the city of Leopoli, Lwow in polish, and what the Ukrainians did to the local populations. There are observations of the author pretty remarkable and that I found interesting involving the current situation. Ukrainians at that time searched independance from Russia, helping the Nazis.


Irena and Dick were a happy couple, but at some point they were captured. Irena was killed immediately. Dick went in a concentration camp like Mietek and Alicja. The daughter of Dick was brought to an orphanage thanks to the help of an Ukrainian officer. Dick had still important jewels that passed to him. Paying, Dick obtained from the Ukrainian the certainty that the daughter would have been brought in a good and secure place.


Once the war was over,  Dick and Mietek helped the Americans with the trials that would have followed against Nazis.


At the same time, once returned home, Dick fell in love for another girl and so he decided to give to the sister of Irena, his most precious gift: his daughter Joasia.


Joasia, remembers that hasn't never been loved by Alicja. Alicja hasn't never felt a great affection for her.


Karen's mother is christian and she finds in God the best answer to her prayers. Many are the thematic told in this book: one of them is the good relationship and interaction between catholics, christians and Jews. 


Karen Kirsten afforded to Canada, and Poland, discovering also where was located the orphanage where the mother stayed, arranging a meeting of his mother with that sisters. She helped her mother to reconnect her own story with the one of Mietek, Alicja, but also Dick and Irena, visiting the place where Irena had been killed, and discovering also a family vein for music.


It is the story of a family: writing this, Keren puts an end to a history  characterized by lies and secrets.


Highly recommended.


I want to thank the author and Ann, the publicist of Kensington Books, because at first I had requested a copy to Netgalley, but time passed by and the ebook wasn't anymore available for being read. I asked to them a physical copy, because I love family-stories and I don't want to miss these ones of Holocaust, and to me this one has ben a great gift for sure. 


Anna Maria Polidori 


Thursday, September 19, 2024

Una Vita Maledetta di Gabriella Guidi

 "L’amore esiste in ogni persona, basta cercarlo". 

Termina così, Una Vita Maledetta


edito da Transeuropa prima fatica letteraria di Gabriella Guidi, scrittrice urbinate.

Il libro va al sodo della storia con stringatezza, concisione, senza dimenticare alcun aspetto. Ambientato nell'Albania più profonda, ancestrale e rurale Gabriella descrive con logica organicità una storia che vi appassionerà perché intrisa di sentimenti, empatia. Una storia sbalorditiva, che fa arrabbiare e commuovere al tempo stesso.

Un libro che al termine non potrà non farvi piangere, considerando le vicissitudini passate dai protagonisti. 

Ambientato nell'ancestrale e rurale Nord albanese, dove la vita viene regolata dalle leggi del Kanun, severe, medioevali, ci troviamo a Thet, sulle Alpi.

La vita lassù è difficile, aspra e dura. Non ci sono comodità e nelle fattorie la vita avanza con modestia, sacrificio e durezza. La famiglia dove Gabriella cala la sua storia è quella di Beshmira e Gojiart, una coppia di contadini che ha avuto la disgrazia di avere tre figlie femmine, due gemelle ed Alida. 

Se le gemelle sono più votate alla vita da donna, Alida invece riesce ad essere più versatile. Alida è innamorata di Leck, un vicino di casa. Sognano un futuro insieme, lontano dalle asperità e chiusure mentali che stanno incontrando nel luogo dove vivono. Fanno progetti, si vogliono bene.


Il Kanun, tra le varie voci, ha pure quella che regola i....regolamenti di conti.

Se viene ucciso ad esempio un uomo, ci si può aspettare una vendetta anche dopo molto tempo: se viene prestato ad un amico un fucile per uccidere una persona, chi presta il fucile viene esposto alla vendetta della famiglia dell'ucciso esattamente come chi ha premuto il grilletto.

Così, a causa di un favore che il babbo di Alida ha fatto ad un amico, prestandogli il fucile, dopo un certo tempo qualcuno gli ha sparato, non finendolo, ma riducendolo all'infermità. 

Non potendo più svolgere attività domestiche o di altro tipo, il Kanun prevede la trasformazione di una delle ragazze in un uomo. La scelta cade su Alida, che fa nascere i vitelli senza sforzo e senza essere troppo schifiltosa. Per Alida, la trasformazione in uomo è tremenda. Tremenda perché ama Leck, così diverso dagli altri uomini del posto. Con lui si sente libera di essere se stessa, senza preclusioni alcune. La sua famiglia è anaffettiva. Come scrive Gabriella tante volte, la donna lì è solo un otre e poco altro. Non ci sono diritti, non c'è libertà, ma tanta sottomissione al marito.

Alida soffre per la durezza del padre, incapace, come la madre di essere gentile e garbato con le figlie. Una persona musona, sulle sue, di poche parole, brusco.

I genitori non si erano sposati per amore: il loro era stato un matrimonio combinato come capitava spesso.


Con l'arrivo di dodici capoclan, è la madre che taglia via i lunghi capelli di Alida, le fascia il seno, e le viene messo un nuovo nome, Marson. Poi viene vestita come un uomo, perdendo così la possibilità di essere donna e realizzare una famiglia.


Ha una libertà del tutto diversa, questo è vero, che acquisisce grazie alla sua trasformazione. Può parlare, discutere, dire la sua. Il suo nuovo status viene accettata da tutti, uomini e donne incluse. Le donne vedendola passare abbassano lo sguardo, così come avrebbero fatto con un uomo, perché Alida ormai è Marson. 

Gli uomini, viceversa condividono con Marson alcol, chiacchiere, fumo, affari, bettole. 

Marson/Alida fuma, fa sbornie colossali e comincia a fare la fattrice così come ha fatto suo padre. Trova due mariti per le sorelle, segue la contabilità di casa, rifà le stalle, taglia alberi, però, quando va a letto e ricorda Leck, pensa a quello che ha passato e si rattrista, perché ama Leck e vorrebbe stare con lui. Adesso però è impossibile perché lei non può più cambiare la sua esistenza. Il padre di Alida muore e Leck come tutti gli altri, va a casa di Alina/Marson perporgere le condoglianze. I due si rivedono e Alida capisce che, nonostante i panni, nonostante le sigarette che le hanno arrotato un pò la voce, nonostante i capelli corti etutti i buoni propositi, lei è e resta Alida. L'Alida che progettava una vita con Leck.

C'è paura da ambo i lati, però sorge un proposito: Alida e Leck pensano di fuggire per raggiungere una coppia di amici che ha avuto il coraggio di andarsene in America.

Grazie a un contatto del luogo che mantiene il riserbo, Alida scrive all'amica che adesso vive a Chicago. La ragazze le invia soldi e informazioni, come ad esempio i luoghi da raggiungere per i documenti falsi, i Paesi da attraversare.

I due preparano la fuga con due biciclette per raggiungere la Bulgaria: da lì prenderanno un aereo per Madrid, e poi per il Messico.

Sono giorni stranianti per i due. Non sono mai usciti dai loro confini. Gli aeroplani li hanno visti solo sorvolare le loro zone e gli aeroporti pullulano di persone. C'è un caos che loro non riconoscono come proprio. È un altro mondo. Alida ha perplessità, perché comprende che ha tanto da imparare e chissà se verranno mai accettati essendo albanesi: e poi guarda che vestitì, santo cielo! Cade depressa ma poi torna a farsi forte grazie a Leck che le fa coraggio. 

L'ultima fuga dal Messico agli Stati Uniti è semplicemente meravigliosa. 

I due arrivano a San Diego e da lì prendono un treno per Chicago.

Chicago: uno skiline pazzesco, dove sono gli alberi? si chiede Alida. Ma non ci sono rimpianti. Alida ha lasciato con tutta se stessa la sua vecchia esistenza, stanca delle privazioni cui è stata sottoposta, stanca dell'amore della madre che non arrivava  mai. Certo, è preoccupata. Le donne della sua famiglia adesso sono disonorate. Se lei tornasse a casa la ucciderebbero per quello che ha fatto. Alida capisce che è un viaggio senza ritorno.  È scappata via senza salutare sua madre o le sorelle: chissà come si riorganizzeranno.

Una scelta di coraggio quella di Alida. Non ce la faceva più a resistere in un ambiente che l'avrebbe privata della sua femminilità e della giustezza di una vita a due con un compagno premuroso ed attento. Leck comprende e le farà capire che forse non tutto è perduto: forse quello che pensa su sua madre, dopotutto non è vero. Perché il cuore di una madre sa, comprende e può accettare. 

Anche di perdere una figlia scontenta per guadagnarne una felice. 




Anna Maria Polidori 





Wednesday, September 04, 2024

La Fin de la Conversation? By David Le Breton

 Ho terminato di leggere La Fin del la Conversation?


di David Le Breton questa mattina. Edito da Editions Metailie, Breton è senz'altro uno dei miei autori preferiti in assoluto. 


Se esiste un anestetico terrificante per non vedere, non sentire il mondo esterno, questo è lo smartphone.

Fate una prova: vi trovate in un ambiente ostile, cercate un modo per scappare via ed isolarvi, e questa terribile "bolla emotiva" vi trascinerà con sé e voi dimenticherete tutto e tutti.


Una volta la conversazione tra le persone era non solo scontata, ma anzi! ricercata. Allo studio medico, alla posta, al bar, sugli autobus, su un treno, c'era sempre una gran caciara ed era piacevole familiarizzare con qualcuno sconosciuto.

Adesso, se salite su un autobus, su di un treno, se andate dal medico di famiglia, o in posta, parlare con gli altri diventa un optional che sceglierete, ma non sarà più così indispensabile.


Eppure, la conversazione è fondamentale per l'essere umano: vedere una persona, stabilire un contatto visivo, sorridere, stare seri, emozionarci durante un suo racconto è quanto di più bello e genuino possa esserci, nonché, naturale.

Come scrive David Le Breton avere qualcuno accanto a noi con cui parliamo significa comprendere chi ci sta di fronte. I silenzi saranno comunque intervallati da respiri, e non saranno mai vuoti o fatui.

Un mondo senza visi, un mondo senza conversazioni implicherà un mondo di falsità e di tante maschere. Come è semplice mentire su internet, creare identità, utilizzare nickname, non sapere di preciso chi abbiamo di fronte.

Questa che i PC e gli smartphone hanno creato è una rottura antropologica tra le più devastanti che l'umanità abbia mai conosciuto, perché sinonimo di isolamento. Scrive Le Breton: "La conversazione sollecita un riconoscimento totale dell'altro anche a causa dell'attenzone che vi poniamo su di un livello di uguaglianza, di ascolto reciproco, di complicità eventuale che non esclude il dibattito e lo scambio di opinioni".


La conversazione è un rituale: ci troviamo di fronte ad un'altra persona, alla distanza che la confidenza ci fa assumere, con la tonalità di voce appropriata: un modo per conoscere l'altro, per rivelarcelo, dopotutto, qualche volta. La conversazione è l'arte dello stare insieme. Gli antichi la vedevano all'interno di un processo di civilizzazione.

Sono stati pubblicati trattati su come fare ottime conversazioni, come quello scritto dall'Abbé Morellet nel 1812.


Gli italiani sono un popolo che amava chiacchierare. Ricordo quando il lunedì mattina prendevo l'autobus a Perugia per andare all'università: il calcio era quantoa ccalorava più gli animi  e c'erano opinioni, schermaglie sulla partita del giorno precedente: gli uomini avevano i quotidiani aperti, leggevano, commentavano. L'altro giorno mi è capitato di salire su un autobus a Perugia ed è stato tutto così deprimente. Tanta gente che vive in una bolla, a cui non importa niente di chi gli sta accanto. Nessuno che sorrida, immersi come siamo tutti nei nostri strumenti tecnologici. Mi ha fatto una gran trsitezza.

L'autobus è diventato una sorta di casa dove cambiare le scarpe, portare con sé il monopattino ma non importerà niente a nessuno di chi c'è di fronte.


Basta il mondo che la gente ha costruito sui suoi smartphone e dove trova un "sicuro" rifugio.

Questa umanità, scrive Le Breton,  è sempre più "Precaria, frammentata, isolata, problematica". 

In futuro ci troveremo ancor più coinvolti con persone che non conosceremo mai e con cui interagiremo solo via internet. Alla fine, che cosa diventerà questa società? Magari voleremo attorno al mondo semplicemente grazie a dei macchinari, ma stando sempre qui. Un universo parallelo. 

Uno studio americano ha sottolineato come i ragazzini si sentano ancor più soli e depressi di prima: altri studi hanno evidenziato come i bambini degli anni '70 siano stati molto più liberi, attivi ed energici di questi nuovi, che, invece, vivono in una letargia assoluta, potendo fare tutto comodamente via smartphone. 

I ragazzini preferiscono chattare con gli amici  e comunque anche quando sono insieme è tutto uno scambio di files, immagini. 

La comunicazione che hanno creato questi dispositivi, afferma David Le Breton, è spettrale. Nelle famiglie le situazioni peggiori: ormai si parla pochissimo. Chi arriva, vede che cosa c'è da mangiare e poi torna a dare un'occhiata al suo smartphone, perso nel suo universo. Il problema, forse, è che non tutti gli universi sono belli.

La generazione che è stata creata è una generazione che mal tollera le idee che differiscono dalle proprie.

Qui David scrive incisivamente: "L'impressione è che la civilizzazione è qualche scelta imposta a una maggioranza recalcitrante da una minoranza che ha compreso come fare per imporre strumenti di potere e coercizione".

Ma non solo non c'è più conversazione: un altro medium, che è tra i più appassionanti, tra le altre cose, sta togliendo la parola alle persone: le immagini. C'è una bulimia di foto ovunque. Già solo con queste possiamo condividere momenti. Non è necessario poi, su smartphone scrivere scrivere ti abbraccio, ti invio un bacio. Fanno tutto le smileys per noi.

Una società come questa si regge su un pensiero che non è più critico, ma che, assume la forma di uno slogan, ma, soprattutto è un pensiero dove è possibile manipolare la verità.

Un esempio? La storia dei vaccini anti-Covid: non c'è solo una differente opinione, che potrebbe essere legittima: no, c'è la distruzione dell'altro.

In futuro assisteremo sempre di più all'utilizzo di robot per anziani, bambini. Certo, i robot non sbagliano, ma nuovamente, parleremo e interagiremo con macchine.

Intanto i bambini crescono con la "banalità dell'utilizzazione" di questi mezzi potentissimi. Il ricevimento a 11 anni di uno smartphone sancisce nientemeno che un'età di passaggio, la possibilità di avere tutto un mondo a portata di clic.

Non c'è più un reale distacco tra la vita virtuale e quella reale. 

La gente infatti va avanti ad avatar, non mostra il proprio volto, ma lo cela dietro ad un'identità costruita.

David scrive che una ragazza senza mezzi termini ha detto che il cellulare è la sola cosa che le appartenga veramente. 

L'immobilità di un mondo che pare essere così familiare crea sedentarietà, passività, autismo (non la malattia, il voler stare da soli) e per questi ragazzi, scrive Le Breton "La dissociazione è naturale".

In famiglia è normale che non si parli più quasi per niente, ciascuno assorbito nel suo mondo. ll ragazzino capisce le possibilità che ha con lo smartphone: vedere films ascoltare musica, vedere clips. 

Sottolineo questa frase di Le Breton: "L'utilizzo del cellulare autorizza il ragazzino a parole e comportamenti impensabili nella vita reale".

Questo perché? Perché le paure che ci sono nella vita reale vengono a cadere davanti ad un monitor, un tablet, uno smartphone. Gli altri non vedono chi c'è dietro.

Che cosa rappresenta la disconnessione?

"Una morte simbolica, l'impossibilità per il giovane di pensare la sua realtà nel mondo".

Non solo va male dentro le famiglie, nei mezzi pubblici, ma pensiamo agli inter-scambi tra i popoli. Che cosa c'è di più bello di passare da un continente all'altro per studio o lavoro? Un sogno per chiunque.

Bene: adesso non è più così. Un'insegnante americana ha portato i ragazzi in Spagna per vederli chattare e parlare con i colleghi rimasti in America tutto il tempo della loro permanenza. Non è più bello il mondo che li circonda ma quello dentro lo smartphone!

Eppure la nuova cultura che nasce da quella passata crea solo caos: pensiamo a Proust. Una volta veniva letto. Adesso perché leggerlo se trovo il riassunto? scrive Le Breton. Perché guardare un film se posso vedere solo le parti che mi interessano? Questa però resta una società della frammentazione: vedo solo un frammento di film, ascolto solo un frammento di musica etc.

Vivere così come fanno i più giovani significa dare solo un senso, quello circolare all'esistenza, fare in modo che ogni giorno vengano vissuti gli stessi episodi come se il tempo fosse congelato.


Credo che tante siano le tematiche sollevate da David Le Breton e su cui riflettere.

Consiglio questa lettura caldamente.


Ringrazio Le Editions Metailie per la copia del libro.


Anna Maria Polidori  



KOMINKA The Beauty and Wisdom of Japanese Traditional Folk Houses by Kazuo Hasegawa

 KOMINKA


The Beauty and Wisdom of Japanese Traditional Folk Houses by Kazuo Hasegawa is a new book released by Museyon Books. The writer has been attracted by these old houses, the Kominka, since he started to work for Jutaku Joho a housing magazine. Born in Tokyo Kazuo changed house something like 16 times always feeling a profound discomfort everytime.

Why? Because modern houses lack of romanticism, of a vision and mainly....of character!  In the while the Kominka were completely abandoned to themselves. Sometimes they were falling down because no one was interested in these old houses. But...asks the author: was it normal this behavior? No, of course. 

So Hasegawa started to taking pictures of these houses, exposing solo collections of pictures, writing in newsmagazines and magazines of this situation, because, maybe, it was still a topic not too known.

Plus, what Kazuo noticed was that in foreign countries people love to take great care of old estates. In general these houses tend to be bought, and taken in consideration. Why didn't happen the same with the kominka?

The book is divided in several sections: in the first part you will find the significance of kominka. There will be also the introduction at two Americans who decided to live in a kominka.

The second part let us show the most beautiful kominka and villages and where they are: the third one is about the kominka of the author. Kazuo created also an association for preserving old houses. Honestly I didn't have any clue that these fascinating old Japanese houses were living a moment of crisis. It is an interesting book for sure.

The kominka in the description made by Kazuo:

"Constructed according to time-honored timber frame methods, kominka houses are scattered throughout Japan. They are found along the coast, in the mountains, and in remote rural hamlets, once powerful castle towns, hospitable post towns, and spiritual temple towns. They range from fishing village folk cottages and thatched-roof farmhouses to merchant mansions and dwellings for lower-ranked samurai. And since each region in Japan has its own unique culture and climate, a region’s old houses reflect and accommodate those conditions."


Highly recommended book.


Anna Maria Polidori 


Tuesday, September 03, 2024

Il matrimonio delle sorelle Weber di Stephanie Cowell

 L'altro giorno sono andata in biblioteca con l'idea di prendere un libro di evasione. Non mi andava qualcosa che mi facesse pensare. Il libro che avrei letto doveva essere sereno. "Il matrimonio delle Sorelle Weber"


di Stephanie Cowell ha attratto la mia attenzione. "Perché non i matrimoni?" Ho pensato, prendendolo in mano, incuriosita dal titolo.

Ho controllato la trama e non ho più avuto dubbi dopo aver letto la parola: Mozart.

Il mio musicista preferito. Certo che sì! Ho pensato.

L'ho letto in un battibaleno.


La storia è questa: nel 1777 la famiglia Weber vive a Mannhein.

Fridolin è il padre di quattro ragazze: Josefa, Aloysia, Constanze e Sophie. Musicista, Fridolin vive copiando musica, dando lezioni private e visto che le figlie hanno una bella voce, portandole a cantare in case private, ricevendo in cambio cestini con alimenti.

Non è una famiglia benestante quella di Fridolin, no, ma senza dubbio è felice.

Ogni giovedì vengono invitati a casa Weber tanti musicisti, e una sera si palesa anche Mozart. La sua fama di bambino prodigio "entra" nelle case, prima ancora del giovane che è diventato nel mentre.

I genitori di Mozart non vogliono che il figlio si sistemi prima di aver raggiunto un successo consolidato. Che non c'è ancora.

Mozart, dal canto suo è un tipo vivace e intelligente, con uno spiccato senso dello humor.


Il giovane comprende che i Weber non possono aiutarlo e pensa che una diversa città possa giovare. 

Nulla però gli vieta di innamorarsi di Aloysia, la più bella delle sorelle Weber, quella che, a detto della madre, dovrebbe contrarre un matrimonio favoloso e sistemare così, tutta la famiglia.

Ad Aloysia non importa niente né dei soldi, né della posizione sociale: vuol essere felice. 

Così con Mozart, ormai lontano da lei, comincia un fitto carteggio. Il giovane le promette che la verrà a prendere, che staranno insieme. Però, nel mentre, la madre delle Weber, dopo la morte del marito e il loro trasferimento, apre un pensionato. La ragazza così si innamora di un pittore. Rimasta incinta lo sposa uscendo dalla vita di Mozart.

Mozart non la prende bene per niente. 

Alla ricerca di un alloggio, lo trova dalla signora Weber. Con le altre tre ragazze, però, non c'è più il calore di un tempo.

Wolfgang pensa che la scorrettezza che ha vissuto sulla sua pelle non possa far tornare mai più l'atmosfera cameratesca di un tempo.  Meglio tenere lontane quelle ragazze. In famiglia riceve lettere dal padre che lo ammonisce: lui avrà un futuro brillante ma quelle ragazze cercano soltanto buoni partiti: in più, la madre è una donna intrigante.

Le relazioni tra le sorelle Weber sono ottime. Josefa è la più grande, e la più indipendente di tutte: il padre le vuole un gran bene e c'è una ragione profonda per tutto questo amore. Gliela rivela la madre il giorno del funerale del padre. Josefa la comincia ad odiare scappando via e cercando la verità con acrimonia nei confronti di quella genitrice che in fin dei conti non è stata affatto seria in gioventù. 

La mancanza di Aloysia e poi di Josefa che adesso è a Praga dove ha ottenuto lavoro come cantante lirica, si ripercuote nelle due rimaste. Sebbene giovani, vivono in un clima irrespirabile, con questa mamma che ogni tanto ne inventa una.

Non è manco del tutto colpa sua. In gioventù era uscita con un ragazzo che adesso ha un'ottima posizione sociale, ma che, dietro, tormenta, tartassa queste ragazze, non è serio con loro e certamente non le vorrebbe manco sposate bene! Questo però Frau Weber non riesce a capirlo.

Così, Frau Weber incita Sophie, la più piccola, che è così tanto disperata da pensare di andare a rifugiarsi in un convento, ad approcciare Mozart. La signora ha sentito voci positive. Forse il ragazzo lavorerà presto sodo e potrebbe stare bene.

Oh, qui, che favola di scena. Alle 2 di notte Sophie entra nella camera di Mozart. Wolfgang dorme di un sonno duro, quando gli occhiali della ragazza finiscono sul corpo del giovane che si sveglia di soprassalto. All'inizio non comprende che cosa accade. Una faccenda alla volta: sì, ok gli occhiali. Eccoli...Ma...Che ora è? Come mai alle 2 della notte sei qui? chiede Mozart incuriosito e assonnato. Sophie fa un sospirone e praticamente gli racconta tutta l'ennesima macchinazione della madre. Il giovane scoppia in una crisi di riso isterico, troppo divertito dall'intera faccenda. 

Tornato serio, le farà notare che l'apprezza tanto e le vuol bene, ma non a quel modo lì.

 La mattina successiva la piccola Sophie abbandona la casa per un convento. 

Mozart conosce meglio, dopo questa esperienza, Constanze. L'unica rimasta delle quattro sorelle, è piena di tristezze e rimpianti. Ricorda con tanta nostalgia i tempi in cui c'erano i giovedì di musica e erano tutte insieme. Queste ragazze, infatti, non vorrebbero mai staccarsi l'una dall'altra.

Ma...I contrasti insanabili di Josefa con la madre, il matrimonio di Aloysia, l'entrata in convento della sorella, intristiscono Constanze.

Così, Mozart comincia a guardarla diversamente: meglio, a vederla forse per la prima volta.

I due cominciano a parlare, ridere insieme,  uscire.

Frau Weber una sera dà di matto, accusa Mozart di essere stato con la figlia e di non volerlo più tra i piedi: così, non solo Mozart se ne andrà via dal pensionato, ma pure Constanze con lui, protetta nella casa di una baronessa amica del musicista.

Dopo questa sfuriata la mamma di Constanze chiederà scusa e la ragazza tornerà a casa. Avrà il permesso di vedere Mozart e poi di sposarlo. 

Aloysia, in extremis, proverà a mettersi in mezzo, ma ormai Mozart non subisce più il fascino della futura cognata. È libero dalle sofferenze provate e non vuol ricaderci in nessuna maniera.


Quello che ho trovato affascinante del libro? Tante cose. Anzitutto la normalità della vita che ha tante sfaccettature. La creatività, parola che va di pari passo a sacrificio:  molto bello il ritratto in parole della società austro-tedesca tracciato da Stephanie.

Vita quotidiana, corteggiamento delle ragazze, piccole abitudini. Il cibo vi farà venire voglia di preparare una cioccolata calda anche a 40 gradi all'ombra.

Mi sono piaciute le strade, i negozi, il meteo, la descrizione umana e reale dei personaggi, gli abiti, i luoghi che via via hanno caratterizzato il libro, così come i buoni sentimenti, l'aiuto reciproco, l'affetto che circola tra le ragazze, l'unità familiare.

La musica è una protagonista elegante, calda e onnipresente.

È possibile comprendere bene perché Mozart abbia composto certe opere e quanto ci sia, dentro, di queste donne che lo hanno così tanto influenzato.

È una lettura favolosa e ne vale la pena, sia che siate appassionati della musica di Wolfgang Amadeus Mozart sia, che, semplicemente, vogliate leggere un libro interessante che narra, alla fine, le difficoltà di lavoro, amore, amicizia, di quattro sorelle che cercano la felicità in questa vita o, come Mozart, sebbene non lo immaginasse, immortalità.