Need to be inspired? Meg's blog is for you!
Her writing-style is like the one of Liz Gilbert in Eat, Pray, Love. And maybe it's Meg Earney's purpose this one.
Her blog: The Meg Project: Learn, Grow Thrive, is in fact a powerful open door to her soul. Plenty of grace, respect and Love for God.
Twenty-three years old, I have firstly met Meg and her mom Janine
thanks to one of my best American friends: Constance Grayson. Connie and Bert Grayson bought a house in Umbria, at just a mile and something from my house eleven years ago. Janine was Connie's best friend as Jay (Janine's husband) was Bert's best friend.
Meg is currently studying at the Ole Miss located in Oxford, MS and she wants to become a journalist.
Meg started this blog I guess for curing her soul and healing from her many profound pains: the premature departure of her dad when she was 11 years old for a heart attack and the death of her beloved mom Janine, disappeared at just 56 years because of a lung cancer just few years ago. Janine hadn't never smoked any cigarette in all her life.
Meg is still feeling a profound connection with her mom, I guess a never ending relationship.
Meg is still "suffocated" in a positive sense from Janine's personality and at the same time she is feeling a terrible lost in her life, because as Meg wrote in her blog: "Mom was my first fan".
Janine was her very beloved unforgettable and sunny mom.
Why Janine was so special at the eyes of all the other people?
Because of her joy. She smiled always and her eyes smiled with her lips. She loved to laugh and she was continuously curious of life. She was very acculturated.
She read 3-4 books at the same time. She was such a very friendly human being.
Once when she discovered that a couple from Bastia Umbra, a place close to Pietralunga, where Connie Grayson lived in, was in West Memphis, parked with their caravan in her mom's caravan parking lot, she didn't hesitate for a second and invited that very nice couple to enjoying with them all the dinner of the Thanksgiving's Day!
Tell me if this one is not an exceptional human being!
Of course the friendship with the two friends from Bastia Umbra, if you are curious to discover what happened later, and you should be, continued in Italy, and we all enjoyed some good time together. Although Janine passed away Meg and her grand-mom (Janine's mother) are still in contact with Valeria and Fabrizio.
Once you have an American friend you know it will be for a life-time.
Janine Earney was also the director of the Crittenden Arts Council and chair of the chamber’s marketing committee.
She was a stimulating personality for sure. Passionate, profoundly in love for music and movies, she was very curious of the world and always happy. I haven't never seen her upset.With her you just could always see the best part of life.
She constantly tried to help other people. Twelve years ago in our area a friend of us killed herself. Our community is very small. The shock has been immense. Janine wrote me back e-mails everyday always supporting me. A long correspondence for sure.
I can't forget it because she was of great help. And she loved to keeping in touch in a daily base.
I miss her the most when I need to talk with someone of a new book or a new movie as well. She would have been incredibly prepared. I miss her advices and her support.
Janine loved to closing her e-mail always with a quotation. It could be a quotation from a book, a movie, a famous song.
She was "Lady Quotations". For every little or big problem there was the best quotation. A quotation after all is like a dress. For every occasion there is the perfect one.
Janine's departure has been shocking for everyone but devastated John and Meg, her children.
Meg in particular.
This blog is positively shocking for the beautiful thoughts born in Meg's mind after her mom's death.
A mind still in sufferance, in great sufferance because of the departure of an extraordinary lady loved by everyone, but at the same time Meg has been able to looking forward and coping with this profound sufferance and devastation. Meg has been able to build up in a land of sufferance accumulated during these years, a beautiful place plenty of wonderful flowers of hope, friendship, love, work, strength and a harmonic idea of life.
Her existence can be compared now to the one of an immense, giant tree, with a big large shadow where all of us, life-travelers of this crazy Old World, can stop by and resting for a while, while enjoying the beauty of life, after all. Looking at life with Meg's eyes and Meg's vibes means looking at a world where after all there is peace, respect, love.
Meg's life is this: she is able to communicate with other ones what she feels, her sensations, her problems.
Once I was complaining with Connie, Janine's best friend for some situations I was living. I wasn't very happy at all at that time and Connie replied me back: "Anna Maria you can't appreciate life 'til you won't have suffered a lot".
Maybe life is this. Maybe life is a mixture of sufferance, joy and happiness.
The Meg Project: Learn, Grow, Thrive is an inspirational blog for people still in sufferance, for real thinkers, and for people able to appreciate the profundity of life.
I just hope that you will love Meg's blog as I do.
http://mgearney.wordpress.com/
Anna Maria Polidori
In love for Books, here you'll find my reviews! ❤️ ❤️ ❤️
Monday, October 20, 2014
Friday, October 10, 2014
Papà ho Paura!
Intervista con la scrittrice Marzia Gianotti
Marzia Gianotti, scrittrice romana mi ha contattata su Facebook alcuni giorni fa e ho pensato subito che questo libro, sua prima opera letteraria per bambini, Papà ho paura! , meritasse una grande rilevanza.
Ricordo l'infanzia e rammento ancora le paure che avevo.
Ciò che non conosciamo e non possiamo definire, durante l'infanza è causa di tanti problemi.
La paura del buio è una delle più grandi e note ossessioni dell'infanzia.
Il buio ancestralmente toglie la visione d'insieme su tutto. Rimaniamo soli con noi stessi, con il nostro essere piccolo o grande, con le nostre insicurezze. Il buio porta una condizione di cecità emotiva, di sbilanciamento, di sradicamento dalla felicità quotidiana. Un attimo di riflessione che a volte angoscia; in particolare se è l'anima del bambino a essere investita dalla paura ancestrale dell'oscurità. Credo, a mio modo di vedere, che l'anima del bambino in primis focalizzi su quanto terribile possa essere non poter scorgere e non poter vedere la realtà immaginando e fantasticando al tempo stesso situazioni poco piacevoli e irrazionali. Il buio tende a far emergere altre paure e fobìe proprio perché la mente non è capace di controllare la razionalità.
Il buio ha uno stuolo di protagonisti senza fine: vampiri, streghe, personaggi di dubbia fama.
Analizziamo queste creature.
I vampiri dormono in una bara, il che non predispone a un grande buonumore, ma sono vispissimi e felici la notte, quando errabondi cercano del sangue umano o animale da bere per mantenersi in questo stato di morte/vita eterna.
E cosa dire dei poveri lupi mannari? Persone tanto paciose di giorno, amabili, alla mano, come l'insegnante descritto dalla Rowling in Harry Potter quanto capaci di diventare spietate belve cui è bene stare alla larga finché il potente incantesimo della luna piena non ha termine.
Beh, delle streghe si è detto tutto: mezzanotte è la loro ora. Chissà dove vanno a radunarsi con le loro scope volanti, la possibilità di osservare il cielo da una prospettiva diversa, saper andare al di là della realtà. Dalle mie parti si diceva che le streghe rapissero i bambini, combinassero un casino di malefatte sebbene non tutte le streghe fossero così cattive.
E poi gli animali.
Poverini: in Inghilterra addirittura anni fa lessi in un quotidiano inglese, un'amministrazione comunale in apprensione per la sorte dei poveri pipistrelli tentava attraverso delle speciali accortezze di salvarne la vita. Qui da noi i pipistrelli sono malvisti. Tirano i capelli, sono connessi con la parte sconosciuta di noi stessi. Quella oscura. Un pò come la faccia nascosta della Luna, Lilith. Non la vediamo ma esiste.
Civette e gufi almeno da noi non godono della stessa, ottima, considerazione e reputazione che hanno nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Anzi: spesse volte le civette in particolare sono messagger di pessime notizie. La cosa vien fatta risalire al significato della civetta: saper leggere oltre l'oscurità del presente e del vissuto e saper penetrare oltre la realtà percepita. La civetta insomma è capace di comprendere e interpretare le oscure forze sottili che muovono il mondo e di anticipare il futuro che ancora è oscuro per i protagonisti i quali non immaginano cosa possa accadere. Sentirla cantare la notte un pessimo auspicio. Un avvertimento.
Ma...Non sempre il buio arriva per spaventare.
Il buio è anche acume. Al buio si può pensare meglio, toccare più in profondità le corde dello spirito, andare al di là del "percepito visibile". Riposare. Trovare il tempo per staccare la spina. Leggere dopo una giornata di lavoro.
Eppure: il bambino di Marzia non vedeva un buio lucente, ma scorgeva solo tenebra e paura nella fase acuta del suo terrore personale.
Marzia Gianotti ha dovuto lottare a lungo assieme a suo marito per far vincere al loro piccino la paura del buio.
Marzia ha scritto e illustrato Papà ho paura! affinché questo libro possa essere d'aiuto a tutti quei genitori e a quei bambini che si lascino trasportare un pò troppo dall'irrazionale.
Per prima cosa Marzia da piccina uno dei tuoi hobbies era la lettura?
Da piccola amavo molto ascoltare le favole che mi raccontava mia madre.
Che cosa rappresenta il buio per i piccoli ed i grandi secondo te?
Molti bambini hanno paura del buio. Attraverso il libro “Papà ho paura!” voglio trasmettere a tutti i genitori il messaggio che una paura se non viene affrontata adeguatamente da piccoli quasi sicuramente ci accompagnerà fino all’età adulta.
So che tuo figlio aveva paura del buio. Quanti anni ha adesso? Ha altre paure o sei stata capace di curargliele tutte?
Si infatti anche mio figlio che ora ha 5 anni e mezzo aveva paura del buio. Ora non più. Non è un tipo pauroso, forse perché noi genitori siamo stati capaci di affrontare le sue paure nella giusta misura senza tralasciarle e trasmettendogli molta sicurezza.
Dire semplicemente ad un bambino di non avere paura non è sufficiente. Bisogna prima di tutto rendersi conto che le paure dei bambini sono diverse dalle nostre e non vanno sottovalutate. Conoscendo il proprio bambino sarà necessario mettere in essere un piano, proprio come ha fatto il papà del protagonista del libro, per fargli capire che a volte le proprie convinzioni ci fanno vedere le cose diverse dalla realtà.
Ho visto che ti sei auto-pubblicata, giusto?
Ho scelto l’auto-pubblicazione perché, dopo essermi rivolta a diversi editori che richiedevano tempi lunghissimi per la sola lettura dell’opera, è stata la strada più semplice da percorrere per pubblicare un libro subito e senza condizionamenti.
Che pensi dell’editoria e quanto è difficile trovare un editore?
Confermo che per uno scrittore emergente trovare un editore è alquanto difficile.
Che cosa deve avere secondo te un libro per bambini per attrarre potenziali lettori?
Un libro per bambini deve innanzitutto contenere l’elemento “fantasia” perché l’infanzia è l’età della “spensieratezza”, è un periodo in cui il bambino deve anche saper sognare senza essere coinvolto dai problemi che ci circondano.
Altro elemento che non deve mancare sia nel testo che nelle illustrazioni sono i particolari. Quando rappresento una certa situazione l’arricchisco di particolari. Non mi piace essere generica nel racconto.
Quando scrivo un libro per bambini la prima cosa che faccio è pensare con la testa di un bambino.
Come è stato accolto il tuo libro e dove lo hai presentato sino ad ora?
In questi giorni ho preso contatti e appuntamenti con librerie, ludoteche, associazioni, per proporre un laboratorio gratuito in cui leggerò personalmente il mio libro ad un gruppo di bambini seguito dal disegno dei soggetti rappresentati nelle illustrazioni.
Inoltre per far conoscere il più possibile questa divertente storia anche ai bambini di altra nazionalità il libro è stato tradotto in diverse lingue straniere.
Quali sono le differenze sostanziali tra un bambino di ieri e un bambino di oggi?
I bambini di oggi sono meno spensierati, meno “bambini” perché purtroppo coinvolti nelle vicende della nostra società e nelle problematiche degli adulti. Sono bambini cresciuti troppo in fretta senza vivere pienamente le tappe dell’età. Sono bambini che leggono poco, non crescono con le favole.
Quando mio figlio fa qualche capriccio la prima cosa che gli dico e che funziona è quella di non leggergli la storia prima di andare a dormire. Quando si legge un libro ad un bambino, il bambino deve sentirsi coinvolto nella lettura.
Commentare con lui, aggiungere dei dettagli che non sono stati inseriti, insomma renderlo partecipe e anche critico.
Per altre info questo il sito internet creato da Marzia:
www.papahopaura.it
Anna Maria Polidori
Marzia Gianotti, scrittrice romana mi ha contattata su Facebook alcuni giorni fa e ho pensato subito che questo libro, sua prima opera letteraria per bambini, Papà ho paura! , meritasse una grande rilevanza.
Ricordo l'infanzia e rammento ancora le paure che avevo.
Ciò che non conosciamo e non possiamo definire, durante l'infanza è causa di tanti problemi.
La paura del buio è una delle più grandi e note ossessioni dell'infanzia.
Il buio ancestralmente toglie la visione d'insieme su tutto. Rimaniamo soli con noi stessi, con il nostro essere piccolo o grande, con le nostre insicurezze. Il buio porta una condizione di cecità emotiva, di sbilanciamento, di sradicamento dalla felicità quotidiana. Un attimo di riflessione che a volte angoscia; in particolare se è l'anima del bambino a essere investita dalla paura ancestrale dell'oscurità. Credo, a mio modo di vedere, che l'anima del bambino in primis focalizzi su quanto terribile possa essere non poter scorgere e non poter vedere la realtà immaginando e fantasticando al tempo stesso situazioni poco piacevoli e irrazionali. Il buio tende a far emergere altre paure e fobìe proprio perché la mente non è capace di controllare la razionalità.
Il buio ha uno stuolo di protagonisti senza fine: vampiri, streghe, personaggi di dubbia fama.
Analizziamo queste creature.
I vampiri dormono in una bara, il che non predispone a un grande buonumore, ma sono vispissimi e felici la notte, quando errabondi cercano del sangue umano o animale da bere per mantenersi in questo stato di morte/vita eterna.
E cosa dire dei poveri lupi mannari? Persone tanto paciose di giorno, amabili, alla mano, come l'insegnante descritto dalla Rowling in Harry Potter quanto capaci di diventare spietate belve cui è bene stare alla larga finché il potente incantesimo della luna piena non ha termine.
Beh, delle streghe si è detto tutto: mezzanotte è la loro ora. Chissà dove vanno a radunarsi con le loro scope volanti, la possibilità di osservare il cielo da una prospettiva diversa, saper andare al di là della realtà. Dalle mie parti si diceva che le streghe rapissero i bambini, combinassero un casino di malefatte sebbene non tutte le streghe fossero così cattive.
E poi gli animali.
Poverini: in Inghilterra addirittura anni fa lessi in un quotidiano inglese, un'amministrazione comunale in apprensione per la sorte dei poveri pipistrelli tentava attraverso delle speciali accortezze di salvarne la vita. Qui da noi i pipistrelli sono malvisti. Tirano i capelli, sono connessi con la parte sconosciuta di noi stessi. Quella oscura. Un pò come la faccia nascosta della Luna, Lilith. Non la vediamo ma esiste.
Civette e gufi almeno da noi non godono della stessa, ottima, considerazione e reputazione che hanno nel Regno Unito e negli Stati Uniti. Anzi: spesse volte le civette in particolare sono messagger di pessime notizie. La cosa vien fatta risalire al significato della civetta: saper leggere oltre l'oscurità del presente e del vissuto e saper penetrare oltre la realtà percepita. La civetta insomma è capace di comprendere e interpretare le oscure forze sottili che muovono il mondo e di anticipare il futuro che ancora è oscuro per i protagonisti i quali non immaginano cosa possa accadere. Sentirla cantare la notte un pessimo auspicio. Un avvertimento.
Ma...Non sempre il buio arriva per spaventare.
Il buio è anche acume. Al buio si può pensare meglio, toccare più in profondità le corde dello spirito, andare al di là del "percepito visibile". Riposare. Trovare il tempo per staccare la spina. Leggere dopo una giornata di lavoro.
Eppure: il bambino di Marzia non vedeva un buio lucente, ma scorgeva solo tenebra e paura nella fase acuta del suo terrore personale.
Marzia Gianotti ha dovuto lottare a lungo assieme a suo marito per far vincere al loro piccino la paura del buio.
Marzia ha scritto e illustrato Papà ho paura! affinché questo libro possa essere d'aiuto a tutti quei genitori e a quei bambini che si lascino trasportare un pò troppo dall'irrazionale.
Per prima cosa Marzia da piccina uno dei tuoi hobbies era la lettura?
Da piccola amavo molto ascoltare le favole che mi raccontava mia madre.
Che cosa rappresenta il buio per i piccoli ed i grandi secondo te?
Molti bambini hanno paura del buio. Attraverso il libro “Papà ho paura!” voglio trasmettere a tutti i genitori il messaggio che una paura se non viene affrontata adeguatamente da piccoli quasi sicuramente ci accompagnerà fino all’età adulta.
So che tuo figlio aveva paura del buio. Quanti anni ha adesso? Ha altre paure o sei stata capace di curargliele tutte?
Si infatti anche mio figlio che ora ha 5 anni e mezzo aveva paura del buio. Ora non più. Non è un tipo pauroso, forse perché noi genitori siamo stati capaci di affrontare le sue paure nella giusta misura senza tralasciarle e trasmettendogli molta sicurezza.
Dire semplicemente ad un bambino di non avere paura non è sufficiente. Bisogna prima di tutto rendersi conto che le paure dei bambini sono diverse dalle nostre e non vanno sottovalutate. Conoscendo il proprio bambino sarà necessario mettere in essere un piano, proprio come ha fatto il papà del protagonista del libro, per fargli capire che a volte le proprie convinzioni ci fanno vedere le cose diverse dalla realtà.
Ho visto che ti sei auto-pubblicata, giusto?
Ho scelto l’auto-pubblicazione perché, dopo essermi rivolta a diversi editori che richiedevano tempi lunghissimi per la sola lettura dell’opera, è stata la strada più semplice da percorrere per pubblicare un libro subito e senza condizionamenti.
Che pensi dell’editoria e quanto è difficile trovare un editore?
Confermo che per uno scrittore emergente trovare un editore è alquanto difficile.
Che cosa deve avere secondo te un libro per bambini per attrarre potenziali lettori?
Un libro per bambini deve innanzitutto contenere l’elemento “fantasia” perché l’infanzia è l’età della “spensieratezza”, è un periodo in cui il bambino deve anche saper sognare senza essere coinvolto dai problemi che ci circondano.
Altro elemento che non deve mancare sia nel testo che nelle illustrazioni sono i particolari. Quando rappresento una certa situazione l’arricchisco di particolari. Non mi piace essere generica nel racconto.
Quando scrivo un libro per bambini la prima cosa che faccio è pensare con la testa di un bambino.
Come è stato accolto il tuo libro e dove lo hai presentato sino ad ora?
In questi giorni ho preso contatti e appuntamenti con librerie, ludoteche, associazioni, per proporre un laboratorio gratuito in cui leggerò personalmente il mio libro ad un gruppo di bambini seguito dal disegno dei soggetti rappresentati nelle illustrazioni.
Inoltre per far conoscere il più possibile questa divertente storia anche ai bambini di altra nazionalità il libro è stato tradotto in diverse lingue straniere.
Quali sono le differenze sostanziali tra un bambino di ieri e un bambino di oggi?
I bambini di oggi sono meno spensierati, meno “bambini” perché purtroppo coinvolti nelle vicende della nostra società e nelle problematiche degli adulti. Sono bambini cresciuti troppo in fretta senza vivere pienamente le tappe dell’età. Sono bambini che leggono poco, non crescono con le favole.
Quando mio figlio fa qualche capriccio la prima cosa che gli dico e che funziona è quella di non leggergli la storia prima di andare a dormire. Quando si legge un libro ad un bambino, il bambino deve sentirsi coinvolto nella lettura.
Commentare con lui, aggiungere dei dettagli che non sono stati inseriti, insomma renderlo partecipe e anche critico.
Per altre info questo il sito internet creato da Marzia:
www.papahopaura.it
Anna Maria Polidori
Monday, October 06, 2014
L'Ombra del Silenzio - Kate Morton
Ogni romanzo di Kate Morton è un'emozione intensa.
Ogn suo libro lascia una profondità inusuale e una
devastante emozione. Squarci nell'animo che fanno fatica a riassorbirsi.
Kate mi fa questo effetto: non posso dormire finché
non saprò. Rispetto a Una lontana follia, il suo
precedente romanzo questo è stato meno stressante emotivamente, almeno
per quel che mi ha riguardato ma non meno intenso.
Non so ma con Kate succede sempre qualche cosa di strano: cominci ad
amore o odiare i suoi personaggi e se possibile a volerli prendere a
schiaffi o a dargliene di santa ragione a un certo punto della storia.
Lo pensi profondamente, con un ardore che non metti in nessun altro
romanzo e con nessun altro personaggio. Un odio reale perché la Morton
è capace di toccare le corde di ciascuno di noi, di farci rinascere
attraverso i suoi romanzi, di farci capire. Capire.
C'è enorme capacità catartica e possibilità di guarigione grazie alle
sue storie e ai suoi personaggi sebbene ci possa essere anche
perdizione, smarrimento, devastazione e morte. C'è soprattutto la
possibilità di osservare la nostra realtà con occhi del tutto diversi.
I romanzi di Kate sono potenti mai marginali, mai superficiali, mai
scritti tanto per scrivere. Sempre connessi a un passato remoto ma al tempo
stesso terribilmente vicino,
Mi è successo così di odiare profondamente la giovane Dolly così come
nel suo precedente romanzo, Percy, uno degli animi più malati e
assurdi rappresentati in letteratura.
Ne: L'Ombra del Silenzio non ci sono animi malati, non ci sono famiglie devatate perché
purtroppo sono successi fatti in passato che hanno creato lacerazioni
all'interno del nucleo familiare.
Il libro verte semmai su un concetto tipico ma al tempo stesso
distante per noi figli: il rapporto con i nostri genitori e
soprattutto con una domanda fondamentale che dovremmo porci spesso ma
che non ci poniamo quasi mai come figli.
Chi erano prima che noi nascessimo i nostri genitori?
E poi...
Che sogni avevano? Che aspettative coltivavano? Volevano essere quello
che sono oggi o qualche cosa di diverso? Hanno amato e sognato come
noi? Sono rimasti delusi dalla vita? I sogni infranti sono stati più
di quelli realizzati?
Per un figlio è impensabile che un genitore possa essere stato piccino
aver sofferto, giocato con gli amici, ricevuto strapazzate, una volta
adolescente essersi innamorato, aver commesso errori, fatto sesso,
essersi drogato, ubriacato.
No.
Questo perché la figura genitoriale assume e è bene che sia così,
contorni di autorità nella dolcezza dell'educazione. I genitori quando
nasciamo sono già adulti e pensarli giovanissimi, impossibile.
Ricordo ancora una mia compagna di classe alle superiori. Parlavamo,
eravamo diverse compagne, dell'affettività tra i genitori e lei ci
confidò che le sarebbe seccato sapere che i suoi genitori potessero
avere ancora rapporti sessuali.
Le chiesi il perché. Alla fine è una cosa normale. "Non so, sono
vecchi, mi sentirei in imbarazzo". Questa la distanza tra le
generazioni.
Ci sono fatti che un genitore decide di sottacere a tutti, perfino a
suo marito e a sua moglie perché ininfluenti se raccontati o meno.
La scelta che fa Dorothy, la mamma di Laurel, le due protagoniste della storia, è questa.
Seppellire eventi del passato che potrebbero tornare in superficie e
che preferisce non vengano a conoscenza. Sono storie di una ragazza
passata. La donna di adesso è diversa e quei fatti sono ininfluenti
per il corso che sta dando alla sua vita.
Ottima famiglia, Dorothy ha inculcato ai suoi figli una cosa
fondamentale: l'importanza dei ricordi. Ricordi che, a parte impressi
nella memoria, vuole che i piccini custodiscano ciascuno in un baule
personale. Ciscuno di loro ne ha uno che dovrà riempire di
"affettività reale" come la chiamo io. Lettere, cartoline, libri,
diari, fotografie, scrapbooks, oggetti amati, giocattoli,articoli di
giornale, giornali, riviste, mappe così che, una volta grandi possano
tornare con la memoria al tempo che fu, riassaporando le sensazioni
provate quando avevano vissuto quell'istante.
Dorothy spiegò che la guerra le aveva fatto perdere tutto e la stessa
cosa non doveva accadere a loro.
Famiglia vivace quella dei Nicolson. Quattro sorelle e un fratello
iper-intelligente cui potete chiedere tutto su pianeti, galassie, il
loro frigorifero tappezzato di magneti, articoli di giornale, foto per
ricordare l'istantanea di un momento, la vita felice che scorre.
Insomma: una famiglia non felice e serena ma molto, molto, molto di
più.
Lauren la più grande è un'affermatissima attrice cinematografica. Ha
vinto l'Oscar, ha 65 anni e è tornata a casa per staccare un pò la
spina dal lavoro. Sua madre Dorothy infatti sta morendo e ha bisogno
di assistenza. Ci sono tutte le sorelle con loro e poi arriverà anche
il fratello.
Laurel rammenta.
Un giorno del 1961 era una bella giornata di sole e lei era uscita,
andandosi a rintanare nella casina sull'albero. Aveva 16 anni e voleva
stare da sola. Non le andava di giocare con i fratelli più piccoli.
Com'è come non è, non volendo assistette a un omicidio. Sua madre
fuori di casa con un coltello per tagliare una torta, finì con il
conficcarlo nel cuore di un uomo. Senza troppi complimenti ma con
grande rapidità, precisione, sicurezza, lucidità e senza alcun
rimpianto o rimorso.
La scena allora sconvolse Laurel sebbene alla polizia raccontò la
scena. Quell'uomo era cattivo faceva del male al fratellino è stata
legittima difesa. Caso chiuso e archiviato. Non era proprio andata
così....La madre conosceva quel tizio. Però perché volerlo morto così?
Senza pensarci su due piedi?
Un giorno in ospedale mentre assiste la madre Laurel trova questa foto
in un album, di due ragazze. Una è sua madre, un'altra mai vista
prima, Vivien, un nome che però ricorda bene. Qualcosa scatta dentro
di lei: deve tentare di capire. Capire chi fosse stato l'uomo ucciso
da sua madre e perché.
Il viaggio che compirà non sarà semplice. Internet dove trova i primi
dati, interviste, ricerche, sino a giungere a una verità davvero
sconvolgente che però riassesterà in maniera molto positiva il mondo
rendendo giustizia a chi non c'è più.
Parallelamente come accade sempre con Kate Morton un altro racconto si
snoda accanto a questo. Quello della mamma di Laurel, Dorothy e di
Vivien durante la seconda guerra mondiale. Due ragazze con forti
aspirazioni. La prima, Dolly, povera e forse futura moglie di un
ragazzo, talentuoso fotografo, Jimmy, e poi Vivien la moglie di uno
scrittore.
Scattano meccanismi in entrambe queste due giovani donne che alla fine
non sarà più possibile governare.
Ho odiato la giovane Dolly con tutta me stessa lo ammetto come poi ho
amato la Dolly della serena e felice famiglia con grande gioia
scoprendo il perchè! solo alla fine...
Anna Maria Polidori
Ogn suo libro lascia una profondità inusuale e una
devastante emozione. Squarci nell'animo che fanno fatica a riassorbirsi.
Kate mi fa questo effetto: non posso dormire finché
non saprò. Rispetto a Una lontana follia, il suo
precedente romanzo questo è stato meno stressante emotivamente, almeno
per quel che mi ha riguardato ma non meno intenso.
Non so ma con Kate succede sempre qualche cosa di strano: cominci ad
amore o odiare i suoi personaggi e se possibile a volerli prendere a
schiaffi o a dargliene di santa ragione a un certo punto della storia.
Lo pensi profondamente, con un ardore che non metti in nessun altro
romanzo e con nessun altro personaggio. Un odio reale perché la Morton
è capace di toccare le corde di ciascuno di noi, di farci rinascere
attraverso i suoi romanzi, di farci capire. Capire.
C'è enorme capacità catartica e possibilità di guarigione grazie alle
sue storie e ai suoi personaggi sebbene ci possa essere anche
perdizione, smarrimento, devastazione e morte. C'è soprattutto la
possibilità di osservare la nostra realtà con occhi del tutto diversi.
I romanzi di Kate sono potenti mai marginali, mai superficiali, mai
scritti tanto per scrivere. Sempre connessi a un passato remoto ma al tempo
stesso terribilmente vicino,
Mi è successo così di odiare profondamente la giovane Dolly così come
nel suo precedente romanzo, Percy, uno degli animi più malati e
assurdi rappresentati in letteratura.
Ne: L'Ombra del Silenzio non ci sono animi malati, non ci sono famiglie devatate perché
purtroppo sono successi fatti in passato che hanno creato lacerazioni
all'interno del nucleo familiare.
Il libro verte semmai su un concetto tipico ma al tempo stesso
distante per noi figli: il rapporto con i nostri genitori e
soprattutto con una domanda fondamentale che dovremmo porci spesso ma
che non ci poniamo quasi mai come figli.
Chi erano prima che noi nascessimo i nostri genitori?
E poi...
Che sogni avevano? Che aspettative coltivavano? Volevano essere quello
che sono oggi o qualche cosa di diverso? Hanno amato e sognato come
noi? Sono rimasti delusi dalla vita? I sogni infranti sono stati più
di quelli realizzati?
Per un figlio è impensabile che un genitore possa essere stato piccino
aver sofferto, giocato con gli amici, ricevuto strapazzate, una volta
adolescente essersi innamorato, aver commesso errori, fatto sesso,
essersi drogato, ubriacato.
No.
Questo perché la figura genitoriale assume e è bene che sia così,
contorni di autorità nella dolcezza dell'educazione. I genitori quando
nasciamo sono già adulti e pensarli giovanissimi, impossibile.
Ricordo ancora una mia compagna di classe alle superiori. Parlavamo,
eravamo diverse compagne, dell'affettività tra i genitori e lei ci
confidò che le sarebbe seccato sapere che i suoi genitori potessero
avere ancora rapporti sessuali.
Le chiesi il perché. Alla fine è una cosa normale. "Non so, sono
vecchi, mi sentirei in imbarazzo". Questa la distanza tra le
generazioni.
Ci sono fatti che un genitore decide di sottacere a tutti, perfino a
suo marito e a sua moglie perché ininfluenti se raccontati o meno.
La scelta che fa Dorothy, la mamma di Laurel, le due protagoniste della storia, è questa.
Seppellire eventi del passato che potrebbero tornare in superficie e
che preferisce non vengano a conoscenza. Sono storie di una ragazza
passata. La donna di adesso è diversa e quei fatti sono ininfluenti
per il corso che sta dando alla sua vita.
Ottima famiglia, Dorothy ha inculcato ai suoi figli una cosa
fondamentale: l'importanza dei ricordi. Ricordi che, a parte impressi
nella memoria, vuole che i piccini custodiscano ciascuno in un baule
personale. Ciscuno di loro ne ha uno che dovrà riempire di
"affettività reale" come la chiamo io. Lettere, cartoline, libri,
diari, fotografie, scrapbooks, oggetti amati, giocattoli,articoli di
giornale, giornali, riviste, mappe così che, una volta grandi possano
tornare con la memoria al tempo che fu, riassaporando le sensazioni
provate quando avevano vissuto quell'istante.
Dorothy spiegò che la guerra le aveva fatto perdere tutto e la stessa
cosa non doveva accadere a loro.
Famiglia vivace quella dei Nicolson. Quattro sorelle e un fratello
iper-intelligente cui potete chiedere tutto su pianeti, galassie, il
loro frigorifero tappezzato di magneti, articoli di giornale, foto per
ricordare l'istantanea di un momento, la vita felice che scorre.
Insomma: una famiglia non felice e serena ma molto, molto, molto di
più.
Lauren la più grande è un'affermatissima attrice cinematografica. Ha
vinto l'Oscar, ha 65 anni e è tornata a casa per staccare un pò la
spina dal lavoro. Sua madre Dorothy infatti sta morendo e ha bisogno
di assistenza. Ci sono tutte le sorelle con loro e poi arriverà anche
il fratello.
Laurel rammenta.
Un giorno del 1961 era una bella giornata di sole e lei era uscita,
andandosi a rintanare nella casina sull'albero. Aveva 16 anni e voleva
stare da sola. Non le andava di giocare con i fratelli più piccoli.
Com'è come non è, non volendo assistette a un omicidio. Sua madre
fuori di casa con un coltello per tagliare una torta, finì con il
conficcarlo nel cuore di un uomo. Senza troppi complimenti ma con
grande rapidità, precisione, sicurezza, lucidità e senza alcun
rimpianto o rimorso.
La scena allora sconvolse Laurel sebbene alla polizia raccontò la
scena. Quell'uomo era cattivo faceva del male al fratellino è stata
legittima difesa. Caso chiuso e archiviato. Non era proprio andata
così....La madre conosceva quel tizio. Però perché volerlo morto così?
Senza pensarci su due piedi?
Un giorno in ospedale mentre assiste la madre Laurel trova questa foto
in un album, di due ragazze. Una è sua madre, un'altra mai vista
prima, Vivien, un nome che però ricorda bene. Qualcosa scatta dentro
di lei: deve tentare di capire. Capire chi fosse stato l'uomo ucciso
da sua madre e perché.
Il viaggio che compirà non sarà semplice. Internet dove trova i primi
dati, interviste, ricerche, sino a giungere a una verità davvero
sconvolgente che però riassesterà in maniera molto positiva il mondo
rendendo giustizia a chi non c'è più.
Parallelamente come accade sempre con Kate Morton un altro racconto si
snoda accanto a questo. Quello della mamma di Laurel, Dorothy e di
Vivien durante la seconda guerra mondiale. Due ragazze con forti
aspirazioni. La prima, Dolly, povera e forse futura moglie di un
ragazzo, talentuoso fotografo, Jimmy, e poi Vivien la moglie di uno
scrittore.
Scattano meccanismi in entrambe queste due giovani donne che alla fine
non sarà più possibile governare.
Ho odiato la giovane Dolly con tutta me stessa lo ammetto come poi ho
amato la Dolly della serena e felice famiglia con grande gioia
scoprendo il perchè! solo alla fine...
Anna Maria Polidori
Scompare uno degli ospiti più cari del Gubbio Project: Ed Light
Dal Viet-Nam alle strade sino al suo incontro con gli angeli del Gubbio di San Francisco
Allora era proprio vero. Stava morendo e alla fine è morto. Edward Light è stata una delle presenze più costanti, uno degli ospiti più devoti del Gubbio Project di San Francisco, USA sito presso la chiesa di San Bonifacio nel quartiere povero della città, Tenderloin.
Era un soldato del Vietnam. Non me lo sono mai più scrollato dalla mente dalla mia intervista con la coordinatrice del Gubbio, mesi fa.
Mi aveva colpito la testardaggine di quest'uomo e la fierezza. La volontà di condurre una vita libera.
Una scomparsa, quella di Edward, chiamato Ed da tutti, che amareggia tutti i volontari e i managers della struttura.
Sì perché Edward era davvero qualcuno che nessuno dimenticherà.
Amava sedersi di fronte all'alcova dei martiri vietnamiti sul lato destro dell'altare quando non era fuori a fumare. Dopo aver fatto colazione l'aspettava la sua panca, sempre quella, raccontano al Gubbio e stava lì per diverse ore. Con lui portava qualche libro da leggere, riposava. È stato una presenza costante del Gubbio per almeno sette anni.
Non aveva un carattere facile Edward. Era provocatorio, amabile, e alcune delle sue freddure sono finite nella newsletter del Gubbio come quella: "Amico, senza nessuna offesa, ma tu non sei uno di noi". Ha combattuto a lungo con diversi tipi di traumi ma quello che lo ha sbilanciato così tanto da ridurlo sulla strada è riconducibile alla sua esperienza come soldato nella guerra del Vietnam. Un'avventura che ha portato alla catastrofe emotiva tanti ragazzi una volta tornati a casa.
Orgoglioso Laura Slattery la coordinatrice del Gubbio ci aveva detto che con lui le avevano provate tutte. Avevano parlato con l'associazione dei Veterani della guerra del Vietnam che senza difficoltà gli avrebbero trovato una casa. Edward aveva rifiutato. Sì perché, aveva detto, avrebbe perso i suoi amici e i suoi contatti. Impossibile da credere? A lui è successo. Amava la sua libertà sebbene questo volesse dire vivere sulla strada con tutti i rischi che questo comportava.
Disse che stava morendo a causa di un tumore riconducibile alla guerra in Vietnam e era vero. Al che a poco a poco Bella, una delle più assidue frequentatrici della chiesa, è riuscita a aprirsi un varco e a farsi accogliere emotivamente da Edward per un ulteriore sostegno emotivo e reale. Notte e giorno Bella si è occupata di lui, delle visite mediche e di tutto quanto avesse bisogno.
Alla fine lo ha convinto a entrare in un hospice presso Half Moon Bay gestito dalle Sorelle della Misericordia un'organizzazione con sedi in tutto il mondo e nata in Irlanda. Alla fine Ed era diventato perfino cattolico e andava fiero della sua sobrietà e del fatto che non frequentasse più le strade.
Ed era saggio, e verrà sempre ricordato per l'amore e per la condivisione di questo terribile ma al tempo stesso affascinante viaggio che ha trascorso sulla Terra con i volontari e gli amici del Gubbio.
Anna Maria Polidori
Allora era proprio vero. Stava morendo e alla fine è morto. Edward Light è stata una delle presenze più costanti, uno degli ospiti più devoti del Gubbio Project di San Francisco, USA sito presso la chiesa di San Bonifacio nel quartiere povero della città, Tenderloin.
Era un soldato del Vietnam. Non me lo sono mai più scrollato dalla mente dalla mia intervista con la coordinatrice del Gubbio, mesi fa.
Mi aveva colpito la testardaggine di quest'uomo e la fierezza. La volontà di condurre una vita libera.
Una scomparsa, quella di Edward, chiamato Ed da tutti, che amareggia tutti i volontari e i managers della struttura.
Sì perché Edward era davvero qualcuno che nessuno dimenticherà.
Amava sedersi di fronte all'alcova dei martiri vietnamiti sul lato destro dell'altare quando non era fuori a fumare. Dopo aver fatto colazione l'aspettava la sua panca, sempre quella, raccontano al Gubbio e stava lì per diverse ore. Con lui portava qualche libro da leggere, riposava. È stato una presenza costante del Gubbio per almeno sette anni.
Non aveva un carattere facile Edward. Era provocatorio, amabile, e alcune delle sue freddure sono finite nella newsletter del Gubbio come quella: "Amico, senza nessuna offesa, ma tu non sei uno di noi". Ha combattuto a lungo con diversi tipi di traumi ma quello che lo ha sbilanciato così tanto da ridurlo sulla strada è riconducibile alla sua esperienza come soldato nella guerra del Vietnam. Un'avventura che ha portato alla catastrofe emotiva tanti ragazzi una volta tornati a casa.
Orgoglioso Laura Slattery la coordinatrice del Gubbio ci aveva detto che con lui le avevano provate tutte. Avevano parlato con l'associazione dei Veterani della guerra del Vietnam che senza difficoltà gli avrebbero trovato una casa. Edward aveva rifiutato. Sì perché, aveva detto, avrebbe perso i suoi amici e i suoi contatti. Impossibile da credere? A lui è successo. Amava la sua libertà sebbene questo volesse dire vivere sulla strada con tutti i rischi che questo comportava.
Disse che stava morendo a causa di un tumore riconducibile alla guerra in Vietnam e era vero. Al che a poco a poco Bella, una delle più assidue frequentatrici della chiesa, è riuscita a aprirsi un varco e a farsi accogliere emotivamente da Edward per un ulteriore sostegno emotivo e reale. Notte e giorno Bella si è occupata di lui, delle visite mediche e di tutto quanto avesse bisogno.
Alla fine lo ha convinto a entrare in un hospice presso Half Moon Bay gestito dalle Sorelle della Misericordia un'organizzazione con sedi in tutto il mondo e nata in Irlanda. Alla fine Ed era diventato perfino cattolico e andava fiero della sua sobrietà e del fatto che non frequentasse più le strade.
Ed era saggio, e verrà sempre ricordato per l'amore e per la condivisione di questo terribile ma al tempo stesso affascinante viaggio che ha trascorso sulla Terra con i volontari e gli amici del Gubbio.
Anna Maria Polidori
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