Wednesday, September 04, 2024

La Fin de la Conversation? By David Le Breton

 Ho terminato di leggere La Fin del la Conversation?


di David Le Breton questa mattina. Edito da Editions Metailie, Breton è senz'altro uno dei miei autori preferiti in assoluto. 


Se esiste un anestetico terrificante per non vedere, non sentire il mondo esterno, questo è lo smartphone.

Fate una prova: vi trovate in un ambiente ostile, cercate un modo per scappare via ed isolarvi, e questa terribile "bolla emotiva" vi trascinerà con sé e voi dimenticherete tutto e tutti.


Una volta la conversazione tra le persone era non solo scontata, ma anzi! ricercata. Allo studio medico, alla posta, al bar, sugli autobus, su un treno, c'era sempre una gran caciara ed era piacevole familiarizzare con qualcuno sconosciuto.

Adesso, se salite su un autobus, su di un treno, se andate dal medico di famiglia, o in posta, parlare con gli altri diventa un optional che sceglierete, ma non sarà più così indispensabile.


Eppure, la conversazione è fondamentale per l'essere umano: vedere una persona, stabilire un contatto visivo, sorridere, stare seri, emozionarci durante un suo racconto è quanto di più bello e genuino possa esserci, nonché, naturale.

Come scrive David Le Breton avere qualcuno accanto a noi con cui parliamo significa comprendere chi ci sta di fronte. I silenzi saranno comunque intervallati da respiri, e non saranno mai vuoti o fatui.

Un mondo senza visi, un mondo senza conversazioni implicherà un mondo di falsità e di tante maschere. Come è semplice mentire su internet, creare identità, utilizzare nickname, non sapere di preciso chi abbiamo di fronte.

Questa che i PC e gli smartphone hanno creato è una rottura antropologica tra le più devastanti che l'umanità abbia mai conosciuto, perché sinonimo di isolamento. Scrive Le Breton: "La conversazione sollecita un riconoscimento totale dell'altro anche a causa dell'attenzone che vi poniamo su di un livello di uguaglianza, di ascolto reciproco, di complicità eventuale che non esclude il dibattito e lo scambio di opinioni".


La conversazione è un rituale: ci troviamo di fronte ad un'altra persona, alla distanza che la confidenza ci fa assumere, con la tonalità di voce appropriata: un modo per conoscere l'altro, per rivelarcelo, dopotutto, qualche volta. La conversazione è l'arte dello stare insieme. Gli antichi la vedevano all'interno di un processo di civilizzazione.

Sono stati pubblicati trattati su come fare ottime conversazioni, come quello scritto dall'Abbé Morellet nel 1812.


Gli italiani sono un popolo che amava chiacchierare. Ricordo quando il lunedì mattina prendevo l'autobus a Perugia per andare all'università: il calcio era quantoa ccalorava più gli animi  e c'erano opinioni, schermaglie sulla partita del giorno precedente: gli uomini avevano i quotidiani aperti, leggevano, commentavano. L'altro giorno mi è capitato di salire su un autobus a Perugia ed è stato tutto così deprimente. Tanta gente che vive in una bolla, a cui non importa niente di chi gli sta accanto. Nessuno che sorrida, immersi come siamo tutti nei nostri strumenti tecnologici. Mi ha fatto una gran trsitezza.

L'autobus è diventato una sorta di casa dove cambiare le scarpe, portare con sé il monopattino ma non importerà niente a nessuno di chi c'è di fronte.


Basta il mondo che la gente ha costruito sui suoi smartphone e dove trova un "sicuro" rifugio.

Questa umanità, scrive Le Breton,  è sempre più "Precaria, frammentata, isolata, problematica". 

In futuro ci troveremo ancor più coinvolti con persone che non conosceremo mai e con cui interagiremo solo via internet. Alla fine, che cosa diventerà questa società? Magari voleremo attorno al mondo semplicemente grazie a dei macchinari, ma stando sempre qui. Un universo parallelo. 

Uno studio americano ha sottolineato come i ragazzini si sentano ancor più soli e depressi di prima: altri studi hanno evidenziato come i bambini degli anni '70 siano stati molto più liberi, attivi ed energici di questi nuovi, che, invece, vivono in una letargia assoluta, potendo fare tutto comodamente via smartphone. 

I ragazzini preferiscono chattare con gli amici  e comunque anche quando sono insieme è tutto uno scambio di files, immagini. 

La comunicazione che hanno creato questi dispositivi, afferma David Le Breton, è spettrale. Nelle famiglie le situazioni peggiori: ormai si parla pochissimo. Chi arriva, vede che cosa c'è da mangiare e poi torna a dare un'occhiata al suo smartphone, perso nel suo universo. Il problema, forse, è che non tutti gli universi sono belli.

La generazione che è stata creata è una generazione che mal tollera le idee che differiscono dalle proprie.

Qui David scrive incisivamente: "L'impressione è che la civilizzazione è qualche scelta imposta a una maggioranza recalcitrante da una minoranza che ha compreso come fare per imporre strumenti di potere e coercizione".

Ma non solo non c'è più conversazione: un altro medium, che è tra i più appassionanti, tra le altre cose, sta togliendo la parola alle persone: le immagini. C'è una bulimia di foto ovunque. Già solo con queste possiamo condividere momenti. Non è necessario poi, su smartphone scrivere scrivere ti abbraccio, ti invio un bacio. Fanno tutto le smileys per noi.

Una società come questa si regge su un pensiero che non è più critico, ma che, assume la forma di uno slogan, ma, soprattutto è un pensiero dove è possibile manipolare la verità.

Un esempio? La storia dei vaccini anti-Covid: non c'è solo una differente opinione, che potrebbe essere legittima: no, c'è la distruzione dell'altro.

In futuro assisteremo sempre di più all'utilizzo di robot per anziani, bambini. Certo, i robot non sbagliano, ma nuovamente, parleremo e interagiremo con macchine.

Intanto i bambini crescono con la "banalità dell'utilizzazione" di questi mezzi potentissimi. Il ricevimento a 11 anni di uno smartphone sancisce nientemeno che un'età di passaggio, la possibilità di avere tutto un mondo a portata di clic.

Non c'è più un reale distacco tra la vita virtuale e quella reale. 

La gente infatti va avanti ad avatar, non mostra il proprio volto, ma lo cela dietro ad un'identità costruita.

David scrive che una ragazza senza mezzi termini ha detto che il cellulare è la sola cosa che le appartenga veramente. 

L'immobilità di un mondo che pare essere così familiare crea sedentarietà, passività, autismo (non la malattia, il voler stare da soli) e per questi ragazzi, scrive Le Breton "La dissociazione è naturale".

In famiglia è normale che non si parli più quasi per niente, ciascuno assorbito nel suo mondo. ll ragazzino capisce le possibilità che ha con lo smartphone: vedere films ascoltare musica, vedere clips. 

Sottolineo questa frase di Le Breton: "L'utilizzo del cellulare autorizza il ragazzino a parole e comportamenti impensabili nella vita reale".

Questo perché? Perché le paure che ci sono nella vita reale vengono a cadere davanti ad un monitor, un tablet, uno smartphone. Gli altri non vedono chi c'è dietro.

Che cosa rappresenta la disconnessione?

"Una morte simbolica, l'impossibilità per il giovane di pensare la sua realtà nel mondo".

Non solo va male dentro le famiglie, nei mezzi pubblici, ma pensiamo agli inter-scambi tra i popoli. Che cosa c'è di più bello di passare da un continente all'altro per studio o lavoro? Un sogno per chiunque.

Bene: adesso non è più così. Un'insegnante americana ha portato i ragazzi in Spagna per vederli chattare e parlare con i colleghi rimasti in America tutto il tempo della loro permanenza. Non è più bello il mondo che li circonda ma quello dentro lo smartphone!

Eppure la nuova cultura che nasce da quella passata crea solo caos: pensiamo a Proust. Una volta veniva letto. Adesso perché leggerlo se trovo il riassunto? scrive Le Breton. Perché guardare un film se posso vedere solo le parti che mi interessano? Questa però resta una società della frammentazione: vedo solo un frammento di film, ascolto solo un frammento di musica etc.

Vivere così come fanno i più giovani significa dare solo un senso, quello circolare all'esistenza, fare in modo che ogni giorno vengano vissuti gli stessi episodi come se il tempo fosse congelato.


Credo che tante siano le tematiche sollevate da David Le Breton e su cui riflettere.

Consiglio questa lettura caldamente.


Ringrazio Le Editions Metailie per la copia del libro.


Anna Maria Polidori  



KOMINKA The Beauty and Wisdom of Japanese Traditional Folk Houses by Kazuo Hasegawa

 KOMINKA


The Beauty and Wisdom of Japanese Traditional Folk Houses by Kazuo Hasegawa is a new book released by Museyon Books. The writer has been attracted by these old houses, the Kominka, since he started to work for Jutaku Joho a housing magazine. Born in Tokyo Kazuo changed house something like 16 times always feeling a profound discomfort everytime.

Why? Because modern houses lack of romanticism, of a vision and mainly....of character!  In the while the Kominka were completely abandoned to themselves. Sometimes they were falling down because no one was interested in these old houses. But...asks the author: was it normal this behavior? No, of course. 

So Hasegawa started to taking pictures of these houses, exposing solo collections of pictures, writing in newsmagazines and magazines of this situation, because, maybe, it was still a topic not too known.

Plus, what Kazuo noticed was that in foreign countries people love to take great care of old estates. In general these houses tend to be bought, and taken in consideration. Why didn't happen the same with the kominka?

The book is divided in several sections: in the first part you will find the significance of kominka. There will be also the introduction at two Americans who decided to live in a kominka.

The second part let us show the most beautiful kominka and villages and where they are: the third one is about the kominka of the author. Kazuo created also an association for preserving old houses. Honestly I didn't have any clue that these fascinating old Japanese houses were living a moment of crisis. It is an interesting book for sure.

The kominka in the description made by Kazuo:

"Constructed according to time-honored timber frame methods, kominka houses are scattered throughout Japan. They are found along the coast, in the mountains, and in remote rural hamlets, once powerful castle towns, hospitable post towns, and spiritual temple towns. They range from fishing village folk cottages and thatched-roof farmhouses to merchant mansions and dwellings for lower-ranked samurai. And since each region in Japan has its own unique culture and climate, a region’s old houses reflect and accommodate those conditions."


Highly recommended book.


Anna Maria Polidori 


Tuesday, September 03, 2024

Il matrimonio delle sorelle Weber di Stephanie Cowell

 L'altro giorno sono andata in biblioteca con l'idea di prendere un libro di evasione. Non mi andava qualcosa che mi facesse pensare. Il libro che avrei letto doveva essere sereno. "Il matrimonio delle Sorelle Weber"


di Stephanie Cowell ha attratto la mia attenzione. "Perché non i matrimoni?" Ho pensato, prendendolo in mano, incuriosita dal titolo.

Ho controllato la trama e non ho più avuto dubbi dopo aver letto la parola: Mozart.

Il mio musicista preferito. Certo che sì! Ho pensato.

L'ho letto in un battibaleno.


La storia è questa: nel 1777 la famiglia Weber vive a Mannhein.

Fridolin è il padre di quattro ragazze: Josefa, Aloysia, Constanze e Sophie. Musicista, Fridolin vive copiando musica, dando lezioni private e visto che le figlie hanno una bella voce, portandole a cantare in case private, ricevendo in cambio cestini con alimenti.

Non è una famiglia benestante quella di Fridolin, no, ma senza dubbio è felice.

Ogni giovedì vengono invitati a casa Weber tanti musicisti, e una sera si palesa anche Mozart. La sua fama di bambino prodigio "entra" nelle case, prima ancora del giovane che è diventato nel mentre.

I genitori di Mozart non vogliono che il figlio si sistemi prima di aver raggiunto un successo consolidato. Che non c'è ancora.

Mozart, dal canto suo è un tipo vivace e intelligente, con uno spiccato senso dello humor.


Il giovane comprende che i Weber non possono aiutarlo e pensa che una diversa città possa giovare. 

Nulla però gli vieta di innamorarsi di Aloysia, la più bella delle sorelle Weber, quella che, a detto della madre, dovrebbe contrarre un matrimonio favoloso e sistemare così, tutta la famiglia.

Ad Aloysia non importa niente né dei soldi, né della posizione sociale: vuol essere felice. 

Così con Mozart, ormai lontano da lei, comincia un fitto carteggio. Il giovane le promette che la verrà a prendere, che staranno insieme. Però, nel mentre, la madre delle Weber, dopo la morte del marito e il loro trasferimento, apre un pensionato. La ragazza così si innamora di un pittore. Rimasta incinta lo sposa uscendo dalla vita di Mozart.

Mozart non la prende bene per niente. 

Alla ricerca di un alloggio, lo trova dalla signora Weber. Con le altre tre ragazze, però, non c'è più il calore di un tempo.

Wolfgang pensa che la scorrettezza che ha vissuto sulla sua pelle non possa far tornare mai più l'atmosfera cameratesca di un tempo.  Meglio tenere lontane quelle ragazze. In famiglia riceve lettere dal padre che lo ammonisce: lui avrà un futuro brillante ma quelle ragazze cercano soltanto buoni partiti: in più, la madre è una donna intrigante.

Le relazioni tra le sorelle Weber sono ottime. Josefa è la più grande, e la più indipendente di tutte: il padre le vuole un gran bene e c'è una ragione profonda per tutto questo amore. Gliela rivela la madre il giorno del funerale del padre. Josefa la comincia ad odiare scappando via e cercando la verità con acrimonia nei confronti di quella genitrice che in fin dei conti non è stata affatto seria in gioventù. 

La mancanza di Aloysia e poi di Josefa che adesso è a Praga dove ha ottenuto lavoro come cantante lirica, si ripercuote nelle due rimaste. Sebbene giovani, vivono in un clima irrespirabile, con questa mamma che ogni tanto ne inventa una.

Non è manco del tutto colpa sua. In gioventù era uscita con un ragazzo che adesso ha un'ottima posizione sociale, ma che, dietro, tormenta, tartassa queste ragazze, non è serio con loro e certamente non le vorrebbe manco sposate bene! Questo però Frau Weber non riesce a capirlo.

Così, Frau Weber incita Sophie, la più piccola, che è così tanto disperata da pensare di andare a rifugiarsi in un convento, ad approcciare Mozart. La signora ha sentito voci positive. Forse il ragazzo lavorerà presto sodo e potrebbe stare bene.

Oh, qui, che favola di scena. Alle 2 di notte Sophie entra nella camera di Mozart. Wolfgang dorme di un sonno duro, quando gli occhiali della ragazza finiscono sul corpo del giovane che si sveglia di soprassalto. All'inizio non comprende che cosa accade. Una faccenda alla volta: sì, ok gli occhiali. Eccoli...Ma...Che ora è? Come mai alle 2 della notte sei qui? chiede Mozart incuriosito e assonnato. Sophie fa un sospirone e praticamente gli racconta tutta l'ennesima macchinazione della madre. Il giovane scoppia in una crisi di riso isterico, troppo divertito dall'intera faccenda. 

Tornato serio, le farà notare che l'apprezza tanto e le vuol bene, ma non a quel modo lì.

 La mattina successiva la piccola Sophie abbandona la casa per un convento. 

Mozart conosce meglio, dopo questa esperienza, Constanze. L'unica rimasta delle quattro sorelle, è piena di tristezze e rimpianti. Ricorda con tanta nostalgia i tempi in cui c'erano i giovedì di musica e erano tutte insieme. Queste ragazze, infatti, non vorrebbero mai staccarsi l'una dall'altra.

Ma...I contrasti insanabili di Josefa con la madre, il matrimonio di Aloysia, l'entrata in convento della sorella, intristiscono Constanze.

Così, Mozart comincia a guardarla diversamente: meglio, a vederla forse per la prima volta.

I due cominciano a parlare, ridere insieme,  uscire.

Frau Weber una sera dà di matto, accusa Mozart di essere stato con la figlia e di non volerlo più tra i piedi: così, non solo Mozart se ne andrà via dal pensionato, ma pure Constanze con lui, protetta nella casa di una baronessa amica del musicista.

Dopo questa sfuriata la mamma di Constanze chiederà scusa e la ragazza tornerà a casa. Avrà il permesso di vedere Mozart e poi di sposarlo. 

Aloysia, in extremis, proverà a mettersi in mezzo, ma ormai Mozart non subisce più il fascino della futura cognata. È libero dalle sofferenze provate e non vuol ricaderci in nessuna maniera.


Quello che ho trovato affascinante del libro? Tante cose. Anzitutto la normalità della vita che ha tante sfaccettature. La creatività, parola che va di pari passo a sacrificio:  molto bello il ritratto in parole della società austro-tedesca tracciato da Stephanie.

Vita quotidiana, corteggiamento delle ragazze, piccole abitudini. Il cibo vi farà venire voglia di preparare una cioccolata calda anche a 40 gradi all'ombra.

Mi sono piaciute le strade, i negozi, il meteo, la descrizione umana e reale dei personaggi, gli abiti, i luoghi che via via hanno caratterizzato il libro, così come i buoni sentimenti, l'aiuto reciproco, l'affetto che circola tra le ragazze, l'unità familiare.

La musica è una protagonista elegante, calda e onnipresente.

È possibile comprendere bene perché Mozart abbia composto certe opere e quanto ci sia, dentro, di queste donne che lo hanno così tanto influenzato.

È una lettura favolosa e ne vale la pena, sia che siate appassionati della musica di Wolfgang Amadeus Mozart sia, che, semplicemente, vogliate leggere un libro interessante che narra, alla fine, le difficoltà di lavoro, amore, amicizia, di quattro sorelle che cercano la felicità in questa vita o, come Mozart, sebbene non lo immaginasse, immortalità.