Les Amants du Lutetia
di Emilie Frèche è un romanzo edito dalle Editions Albin Michel. Tratta la complessa e controversa tematica del suicidio, la possibilità di scegliere di morire dolcemente e analizza i traumi che un atto del genere lascia per sempre sulle persone che restano.
Avevo già letto in passato la vicenda di due coniugi che si erano entrambi uccisi, così ho deciso di tornare a leggere un romanzo sull'argomento.
È una coppia ottuageniaria, questa presa in considerazione dall'autrice.
La scrittrice ha tratto ispirazione da un fatto realmente successo in Francia alcuni anni fa.
Ezra e Maud Epstein hanno di recente trascorso del tempo con i loro cari, prima di decidere di andare in questo albergo, il Lutetia, dove mettono a punto il loro proposito: quello di togliersi la vita.
È un giorno come tutti gli altri quando il ragazzo che porta loro le colazioni non sente rumori in camera: a poco a poco entra, sempre titubante, non vorrebbe disturbare, quando trova, vestiti di tutto punto questi due anziani, sdraiati sul letto. Subito non realizza, ma poi nota qualche cosa di strano.
Dà l'allarme e parte la macchina burocratico-investigativa. Le salme diventano proprietà dello Stato sino al termine delle autopsie.
Viene allertata intanto l'unica figlia della coppia, Èleonore. La signora vive un momento della sua esistenza davvero positivo: divorziata da Vincent, sta uscendo con due uomini e tenta di capire quale sia il migliore per proseguire la sua vita: i figli vanno avanti bene, lavora con successo. Non potrebbe chiedere di meglio. La notizia della tragica e voluta dipartita dei suoi genitori, comunicata in maniera alquanto brusca e senza troppi giri di parole, l'annienta.
Non contatterà però nessuno dei due uomini con cui esce, ma Vincent il suo ex marito chiedendogli di accompagnarla alla sede di medicina legale.
Inutile chiedere la restituzione dei corpi, ci sarà d'attendere. Eleonore sverrà per lo choc, si sentirà pesantemente traumatizzata da un evento che non aveva motivo per essere posto in essere.
I genitori erano persone di successo che grazie al loro lavoro in un'agenzia di pubblicità, avevano accumulato una fortuna. Stavano bene in salute. Nessuno di loro due era malato. E allora perché? È questa la domanda terribile che occupa lo spazio di una mente assorbita dal dolore di un suicidio.
"Perchè lo avete fatto insieme? Perché avete fatto questo a me? Perché adesso? Perché?"
Questa coppia aveva la preoccupazione che potesse accadere un decadimento fisico o cognitivo, così, anticipando i tempi han deciso di farsi fuori per non essere di impiccio a nessuno.
Chiudono il biglietto rammentando di "Ridere, cantare, danzare, celebrare la vita - Noi l'abbiamo tanto amata!"
Peccato che poi le cose siano virate nella direzione opposta e che Eleonore non senta per niente l'afflato finale lasciatogli dai genitori, questo incoraggiante inno alla vita. Pensa invece, choccata, d'essere diventata tutto d'un tratto un'orfana, d'essere da sola a gestire un dolore incommensurabilmente forte, spiazzante ma soprattutto inatteso.
Intanto si fa vivo un certo Duval che ha curato gli interessi e gli averi della famiglia e così Eleonore scopre che una proprietà cui i suoi tenevano molto rimarrà a lei, sebbene non potrà mai diventarne proprietaria e non potrà venderla.
Vincoli serrati, Eleonore ripercorre, l'esistenza dei suoi. Non ha mai capito fino in fondo perché la madre abbia insistito a restare a fianco del marito, un traditore seriale: non era mai trattata alla pari. Eppure, ora si è uccisa con lui: ricorda feste, vacanze, il loro lavoro, un amico di famiglia aveva perfino tentato di abusarla e lei non aveva detto niente, tanto non sarebbe stata creduta. Ricorda d'aver scoperto di essere ebrea solo in età adolescenziale. I suoi non gliene avevano mai fatto menzione.
Non sa che cosa fare dell'eredità, Eleonore, mentre quando le restituiscono le salme e può vederle all'obitorio, non potrà avvicinarsi a loro, ma solo vederli attraverso un vetro. Non ne capisce la ragione e chiede alla signora se non sia possibile eliminare quella barriera. La signora risponde di no e Eleonore chiede ragione per questa faccenda. "Parce qu'elle matérialise a frontière entre les morts et le vivants.Vous ete vivante, madame, et vos parents son morts", perché materializza una frontiera esistente tra i vivi e i morti. Voi siete viva, signora, i vostri genitori sono morti.
Eleonore li vede e li rivede per mesi come salme, come cadaveri, nella sua testa e non riesce a dormire. Il lavoro non procede bene.
Le reazioni a un suicidio sono molteplici: c'è chi si arrabbia, chi cade in depressione, chi reagisce fattivamente, ed è quello che succede ad un figlio di Eleonore, Simon che apre una pagina Instagram Lesamantsdulutetia, lanciando poi una petizione su Change.org per la fine dolce delle persone, per cambiare uno stato di diritto che impedisce, laddove una persona non voglia più vivere e stia bene, di ricorrere al suicidio assistito.
E qui potremmo aprire un dibattito infinito: è giusto che persone sane possano trovare questa come risposta finale? Non sarebbe meglio indirizzarle ad uno psicologo che potrebbe diramare le questioni che hanno in sospeso con la vita? Stanno bene, se hanno dei malesseri possono essere curate.
Il suicidio è davvero la soluzione a tutti i problemi o causa molti più problemi dopo a chi resta?
Se una persona è gravemente malata ma decide di interrompere la sua esistenza, beh, quello ha un tocco diverso, ma pensare di legalizzare la morte quando uno è semplicemente stanco di vivere, forse vorrebbe dire aprire un pò troppo a soluzioni estreme. Ammetto che sapere che una persona ci vuole lasciare, senza i traumi della scoperta successiva potrebbe essere un sollievo, potrebbe dare al cervello una stabilizzazione emotiva ed un'accettazione della perdita, che, viceversa non può esserci se non con il tempo e un forte lavoro psicologico addosso (che non deve essere necessariamente supportato da psichiatri o psicologi, ma dalla famiglia, dagli amici, dal lavoro, dalla vita che, semplicemente va avanti e permette al tremendo taglio verificatosi nell'anima a poco a poco di cicatrizzarsi, diventando non più un dolore annientante, ma una condizione con cui poter convivere bene) ma...Lo sarebbe? La persona muore sì di "morte dolce" ma mai nessuna morte è seriamente dolce, ma sempre un processo di grande trauma e shock per l'organismo.
Non pensate mai che il corpo si lasci annientare senza un fortissimo trauma che gli crei un corto circuito.
Vogliamo davvero pensare che la vita sia così poco importante da dare man forte alla morte?
Simon la butta sul: non ci sarebbe scoop e la cosa avverrebbe propriamente. Vero, però...
Il libro ha un tratto molto moderno. Trovate foto, pagine Instagram, carteggi,e-mails, insomma la realtà che ci circonda messa insieme per creare una storia che, stimolerà molto la discussione.
Vi lascio, ho spoilerato fin troppo di questo libro, ma visti pure gli ultimi eventi, come la bambina inglese cui i sanitari hanno staccato la spina e che adesso è morta (non aveva chiesto che le venisse staccata la spina, direi che c'è una sostanziale differenza tra il voler morire e lasciar scegliere altre persone,) direi che come argomento è molto attuale.
Anna Maria Polidori
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