Adriatico
Un Incontro di Civiltà di Robert D.Kaplan pubblicato da Marsilio è un libro bello, erudito, prezioso, pieno di fascinazioni come lo è il nostro angolo di mondo, pieno zeppo di informazioni ma anche di eccellenti spunti letterari. È, soprattutto, un interessante ritratto delle nostre città affacciate sull'Adriatico. Rimini, Ravenna, Venezia, Corfù per citarne alcune prese in esame. C'è differenziazione. Quella che traccia Kaplan è un'Europa inquieta: abbiamo visto dove ci ha portato. Questa di adesso è un'Europa in cerca di certezze, dove queste certezze non ci sono più per tante ragioni.
È con Trieste che Kaplan ragiona dell'Italia, così bella ma frammentata, divisa, figlia della sua stessa geografia. Prendiamo ad esempio le due isole, Sicilia e Sardegna e poi il Nord sviluppato e il Sud che arranca sempre. Sarà per questo, scrive Kaplan che von Metternich ebbe a dire una volta che "L'Italia non è un Paese ma una semplice espressione geografica" mentre David Gilmour scriverà alla fine del '700 che "L'Italia restava solo un'idea letteraria, un'astrazione, una terra immaginaria, o in parole semplici, un'urgenza sentimentale."
L'Italia unita purtroppo non è stata mai in grado di colmare le differenze abissali tra sud e nord.
Trieste viene paragonata rispetto a Venezia, dove regna un materialismo imperante "Un'anziana aristocratica distinta, una città di gente raffinata ed elegante..."
Al Caffè Stella Polare amava sedersi James Joyce: una città dove visse otto anni e dove ricevette buone nuove da Ezra Pound che gli venne in soccorso...letterario.
Triste resta un crocevia di popoli che si sono incontrati, scontrati tra di loro. Come in tante altre parti del mondo, anche in Europa, in quella centrale, non c'è più alcuna originalità. Se per esempio quella parte d'Europa era famosa per le contaminazioni ebraiche che tanto hanno regalato alle arti, dopo lo sterminio degli ebrei, qualche cosa di nuovo è fuoriuscito di buono una volta crollato il Comunismo per tornare ad essere tutto appiattito a causa della globalizzazione e del progresso che vuole tutti i luoghi uguali e standardizzati. Che tristezza!
Magris poi nel suo colloquio con Kaplan rammenta come non ci siano più molto ebrei e la cultura austro-tedesca che era fantastica non potrà più tornare quella di una volta. E poi non è detta che l'Unione Europea sopravviverà.
Un consiglio per capire l'Europa? Non andate negli aereoporti ma nelle stazioni dei treni.
Rumiz a colloquio con Kaplan svela che non è nell'Unione Europea che ci si sente europei. Lui per esempio si è sentito più europeo in un luogo come Leopoli, ex città polacca, ora ucraina a causa delle tante contaminazioni culturali che ci sono: tedeschi, polacchi, ebrei.
In Europa dell'Ovest c'è una forte sterilità che non si avverte nell'Europa dell'Est.
La spinta dell'Islam è irrevocabile e non può consentire nazionalismo ma una modificazione della struttura stessa dell'Europa. Un cambio di pelle ulteriore, insomma.
Ora ci spostiamo nel cuore dell'Europa Cattaro, Podgorica, Tirana e Durazzo, dove le città sono più sciatte, povere, misere sebbene Cattaro abbia una magnificenza tutta sua. Conquistata, invasa da tutti praticamente, turchi, veneziani, austriaci, francesi, russi, inglesi, con influenze ostrogote, bizantine e saracene, bulgare e serbe. Un luogo questo popolato da differenti percezioni perché oriente e occidente vengono quasi a reclamare le loro principali differenze, creando importanti frizioni. Lo vediamo anche con la Nato che vorrebbe inserire il Montenegro, luogo che invece è anche ben visto dalla Russia, con cui questo Stato fa affari in maniera tranquilla. Alcuni residenti, quelli di etnia bosniaca e albanese sono a favore dell'entrata nella Nato, i montenegrini senza entusiasmo, i serbi sono contrari. Eppure, come scrive Kaplan, più di altri "Questo paese piccolo, e per molti semisconosciuto, continuerà a essere manifestazione della rivalità strategica tra Est e Ovest, destinata a decidere il destino dell'Europa."
Podgorica appare confusa e non fa una bella impressione a Kaplan. La gente del posto rimpiange Tito perché con lui non ci sarebbero stati problemi di droga o criminalità.
Il comunismo del suo ha lasciato tradizioni, consuetudini e una forma mentis precisa.
Mandic era il leader dell'opposizione nel 2018 ai tempi di quest'intervista. È filo russo e parla dei problemi del suo Paese. Dovrebbero essere neutrali mentre il "governo va contro il popolo e ha preso decisioni che non sono sostenibili, con l'adesione alla Nato e il riconoscimento del Kosovo, (etnìa Albanese.) Per noi la Nato non significa nulla e noi non significhiamo nulla per la Nato. La Nato non ha certo bisogno dell'aiuto delle nostre milizie, le interessa solo il nostro sbocco strategico sull'Adriatico."
Putin d'altronde spiega Mandic non ambisce a ricreare un Patto di Varsavia. Vorrebbe, quello sì, una zona di influenza simil-imperiale nell'Europa centro-orientale.
Dukanov, dal canto suo, filo-europeo, non nasconde che il suo Paese non trova pace. Sembrava tutto semplice, una volta terminato il comunismo, ma poi la guerra intestina che c'è stata ha fatto sì che la gente vivesse in confusio e smarrisse l'ago della bilancia. Gli USA sono assenti, e il suo Paese in caso entrerebbe nella Nato e in Unione Europea perché non ci sono alternative, dice lo statista. Comunque, ammette il politico, ormai stanno entrando tutti in Europa, dai russi, ai turchi. Perfino i cinesi....Però per la gente è chiaro qualcosa: che non possono affidarsi semplicemente all'Occidente.
In Albania ci sono vividi problemi lasciati dal comunismo: l'incapacità di visione e di vedere un modello diverso: non funziona nulla, questa è la verità afferma Rakipi, direttore dell'Albanian Istitute for International Studies.
D'altronde come potrebbe diversamente? Rakipi spiega che da 30 anni c'è sempre la stessa leadership.
Mi fermo qui. Ho tratteggiato due capitoli che ho pensato potessero essere di stringente attualità per capire meglio la complessità dell'Europa e quanta prudenza occorra per tentare di non accendere micce qua e là. Le certezze che abbiamo noi europei dell'Ovest, non sono le stesse degli uomini dei Paesi dell'Est, che, figli di una mentalità diversa, di una storia molto più complessa ed articolata, tribolano a trovare un loro posto. Anche per questo occorrerebbe mantenere ottimi rapporti di vicinato, serietà, comprensione.
Anna Maria Polidori