Un libro carino quello scritto dalla Schine ma deludente al tempo stesso.
Sette creativi si ritrovano in un'isola nel Maine, Stati Uniti, dove è stata ammodernata una casa destinata a detta del padrone Dick Treekape a ospitare artisti. Verrà commesso in loco un delitto. Il morto Gene Gill, odioso critico letterario nonché conduttore televisivo che avrebbe dovuto realizzare un servizio.
Era atteso.
Nessuno però finché l'autopsia, solo quattro giorni dopo confermerà la morte per omicidio è indagato di niente sebbene un detective sia arrivato sull'isola. Pura vacanza per tutti, gli ospiti potranno godere di tutta la libertà concessa loro dal proprietario.
Gli ospiti appaiono in parte ridicoli e per niente incisivi.
Ho provato zero tensione. Credevo che la trama si sarebbe dipanata diversamente.
Essendo questo un romanzo dove l'omicidio è stato commesso in un luogo non vorrei dire chiuso ma definito, circostanziato e dove certamente uno dei sette ospiti è l'assassino immaginavo una situazione meno rilassante e più pressante su tutti gli ospiti da subito. Mi piace questo del giallo. Il lavorìo psicologico e alla fine logorante su tutti gli ospiti. La tensione emotiva. Cosa che non è andata così.
Quando ho riportato il libro in biblioteca sono inciampata in una copia di Dieci piccoli indiani (ten little niggers, chissà perché in italiano abbiamo tradotto con indiani la parola neri) di Agatha Christie in vendita. L'ho comperato e l'ho iniziato a leggere. Mi sembra che Miss S. abbia delle rassomiglianze con questo romanzo della Christie.
Anna Maria Polidori
In love for Books, here you'll find my reviews! ❤️ ❤️ ❤️
Monday, June 15, 2015
Una bugia su mio padre - John Burnside - Recensione
La Neri Pozza Editore una delle più prestigiose case editrici italiane ha pubblicato anni fa il libro di John Burnside: Una bugia su mio padre.
Comincia così:
"Questo libro va considerato un'opera di fantasia. Se fosse ancora qui a parlarne, sono sicuro che mio padre concorderebbe con me nel dire che non ho mai avuto un padre, così come lui non ha mai avuto un figlio".
Bene.
Il romanzo tradotto splendidamente da Massimo Ortelio è meraviglioso per la potente drammaticità emotiva.
Meraviglioso per i pensieri che l'autore partorisce, dipana, analizza, durante la narrazione, per quella capacità di sondare con grande acume i piccoli e grandi stati d'animo di un micro-cosmo quello della famiglia del protagonista, e del protagonista, io narrante, analizzati con spietato realismo: il figlio di questo genitore senza cuore che ha cercato per tutta la vita l'amore del padre.
Il padre del protagonista del romanzo beve.
Perché?
Mah, per vizio. Non crediate che le umane vicissitudini debbano per forza di cose portare a dipendenze per come la vedo io.
Nasce trovatello questo padre insensibile, lo affidano a tante famiglie ma non può mai dire quali siano le sue vere ragioni e così mente, mente, mente perfino a se stesso di avere avuto dei genitori amorevoli e così via.
Alla fine, semplice, sentendosi un pò perdente comincia ad attaccarsi alla bottiglia e diventa violento in famiglia, come se l'alcol risolvesse tutto, anestetizzasse tutto per poi far ritornare peggio di prima in superficie una valanga maggiore di problemi con in più la complicazione del problema di dover smettere di bere. Ergo: più problemi di prima.
Odia suo figlio, questo padre per insondabili ragioni e lo maltratta davanti a tutti. Lo mortifica, lo schiavizza.
Il ragazzino è costretto ad assistere a scene poco edificanti dentro casa. Gruppi di beoni che vomitano o addirittura fanno la pipì nella loro cucina! durante la notte. Il piccolo vede tutto. Sente tutto. Assiste.
La madre del bambino capisce che deve abbozzare e sogna per il figlio il riscatto sociale che lei non avrà mai. Lo segue, lo prepara bene a scuola. Il piccolo eccelle, però non raggiunge, sebbene vinca premi, sebbene arrivi sempre primo, al cuore di suo padre, cui tiene più di ogni altra cosa.
Così un bel giorno smette di studiare comincia a leggere Edgar Allan Poe e è la fine della bellezza di questo ragazzino e l'inizio di una lunghissima perdizione.
Poe non ha colpa alcuna per questo ;-) precisiamo.
Alcol, droghe leggere e pesanti che lo stordicono e lo fanno "cadere" ma mai del tutto rialzare ammette il protagonista, perché una volta caduto il diavolo sarà sempre lì vicino a te.
Il romanzo mi è piaciuto per l'intensità del vissuto sebbene sia triste, ma di una tristezza che va a braccetto con la rassegnazione del così doveva andare.
Visto che Burnside è meraviglioso e scrive da Dio, ti incanta e mentre leggi pensi: "Ma come diavolo fa a mettere insieme così tanta intensità emotiva?" gli suggerirei per la prossima volta una maggiore originalità. Non me ne voglia.
Che, insomma la sequenzialità dell'esistenza di un ragazzo con un padre alcolista non sia questa sebbene la più semplice da descrivere, non è forse così?
Sarà che conosco realtà di ragazzi con genitori alcolisti e nessuno di loro, sebbene infelice a modo suo perché non sei contento di vedere i genitori appannati dall'alcol ha fatto questa fine e s'è andato a imbottire di alcole droghe perché il padre non lo ha capito perché beve.
Penso sempre che ci sia un Dio speciale per i bambini capace di preserverli e renderli migliori e non repliche di quello che hanno visto e vissuto.
Non esiste un'ineluttabilità del destino e non esiste uno stesso percorso esistenziale solo perché i genitori sono "guasti".
Ho sempre pensato che i figli siano più intelligenti, molto pù intelligenti dei loro genitori e che sappiano costruire sulle macerie della loro famiglia un destino più bello, fiorente e ricco di soddisfazioni. E senza alcol e droghe di mezzo!
I ragazzi dovranno far forza su di loro, sulle loro capacità, sfidare una realtà brutta e volere per loro qualcosa di diverso.
Non solo questo è reale nella maggior parte dei casi, perché nessuno vuole replicare l'inferno vissuto che io sappia, ma auspicabile e possibile.
La predestinazione non esiste, è un'invenzione dell'uomo.
Ciascuno può essere capace di diventare un'ottima persona sebbene i genitori possano essere stati mediocri.
Questo sì, è un grande augurio e una scommessa per un mondo che ha bisogno di ottimismo.
Anna Maria Polidori
Comincia così:
"Questo libro va considerato un'opera di fantasia. Se fosse ancora qui a parlarne, sono sicuro che mio padre concorderebbe con me nel dire che non ho mai avuto un padre, così come lui non ha mai avuto un figlio".
Bene.
Il romanzo tradotto splendidamente da Massimo Ortelio è meraviglioso per la potente drammaticità emotiva.
Meraviglioso per i pensieri che l'autore partorisce, dipana, analizza, durante la narrazione, per quella capacità di sondare con grande acume i piccoli e grandi stati d'animo di un micro-cosmo quello della famiglia del protagonista, e del protagonista, io narrante, analizzati con spietato realismo: il figlio di questo genitore senza cuore che ha cercato per tutta la vita l'amore del padre.
Il padre del protagonista del romanzo beve.
Perché?
Mah, per vizio. Non crediate che le umane vicissitudini debbano per forza di cose portare a dipendenze per come la vedo io.
Nasce trovatello questo padre insensibile, lo affidano a tante famiglie ma non può mai dire quali siano le sue vere ragioni e così mente, mente, mente perfino a se stesso di avere avuto dei genitori amorevoli e così via.
Alla fine, semplice, sentendosi un pò perdente comincia ad attaccarsi alla bottiglia e diventa violento in famiglia, come se l'alcol risolvesse tutto, anestetizzasse tutto per poi far ritornare peggio di prima in superficie una valanga maggiore di problemi con in più la complicazione del problema di dover smettere di bere. Ergo: più problemi di prima.
Odia suo figlio, questo padre per insondabili ragioni e lo maltratta davanti a tutti. Lo mortifica, lo schiavizza.
Il ragazzino è costretto ad assistere a scene poco edificanti dentro casa. Gruppi di beoni che vomitano o addirittura fanno la pipì nella loro cucina! durante la notte. Il piccolo vede tutto. Sente tutto. Assiste.
La madre del bambino capisce che deve abbozzare e sogna per il figlio il riscatto sociale che lei non avrà mai. Lo segue, lo prepara bene a scuola. Il piccolo eccelle, però non raggiunge, sebbene vinca premi, sebbene arrivi sempre primo, al cuore di suo padre, cui tiene più di ogni altra cosa.
Così un bel giorno smette di studiare comincia a leggere Edgar Allan Poe e è la fine della bellezza di questo ragazzino e l'inizio di una lunghissima perdizione.
Poe non ha colpa alcuna per questo ;-) precisiamo.
Alcol, droghe leggere e pesanti che lo stordicono e lo fanno "cadere" ma mai del tutto rialzare ammette il protagonista, perché una volta caduto il diavolo sarà sempre lì vicino a te.
Il romanzo mi è piaciuto per l'intensità del vissuto sebbene sia triste, ma di una tristezza che va a braccetto con la rassegnazione del così doveva andare.
Visto che Burnside è meraviglioso e scrive da Dio, ti incanta e mentre leggi pensi: "Ma come diavolo fa a mettere insieme così tanta intensità emotiva?" gli suggerirei per la prossima volta una maggiore originalità. Non me ne voglia.
Che, insomma la sequenzialità dell'esistenza di un ragazzo con un padre alcolista non sia questa sebbene la più semplice da descrivere, non è forse così?
Sarà che conosco realtà di ragazzi con genitori alcolisti e nessuno di loro, sebbene infelice a modo suo perché non sei contento di vedere i genitori appannati dall'alcol ha fatto questa fine e s'è andato a imbottire di alcole droghe perché il padre non lo ha capito perché beve.
Penso sempre che ci sia un Dio speciale per i bambini capace di preserverli e renderli migliori e non repliche di quello che hanno visto e vissuto.
Non esiste un'ineluttabilità del destino e non esiste uno stesso percorso esistenziale solo perché i genitori sono "guasti".
Ho sempre pensato che i figli siano più intelligenti, molto pù intelligenti dei loro genitori e che sappiano costruire sulle macerie della loro famiglia un destino più bello, fiorente e ricco di soddisfazioni. E senza alcol e droghe di mezzo!
I ragazzi dovranno far forza su di loro, sulle loro capacità, sfidare una realtà brutta e volere per loro qualcosa di diverso.
Non solo questo è reale nella maggior parte dei casi, perché nessuno vuole replicare l'inferno vissuto che io sappia, ma auspicabile e possibile.
La predestinazione non esiste, è un'invenzione dell'uomo.
Ciascuno può essere capace di diventare un'ottima persona sebbene i genitori possano essere stati mediocri.
Questo sì, è un grande augurio e una scommessa per un mondo che ha bisogno di ottimismo.
Anna Maria Polidori
Un pezzo di uomo - Kari Hotakainen - Recensione
Kari Hotakainen è uno degli scrittori più amati in Finlandia.
Ha scritto un romanzo che lascia l'amaro in bocca: "Un pezzo di uomo".
Un pezzo di uomo è un titolo letterale. Sì: non andate a cercare significati diversi, magari figurativi. "Che pezzo d'uomo quello" ad esempio. Ecco: no, la storia è che al termine ci sarà davvero da qualche parte un pezzo d'un uomo che verrà reclamato per vendetta e conservato gelosamente. Nessuno sarà ucciso ma qualcuno verrà, sì, mutilato.
La storia è quella di una signora in pensione, Salme un tempo gestrice con il marito di un negozio di merceria grazie al quale ha garantito una vita dignitosa ai tre figli.
Ormai grandi, una delle figlie di Selma, Helena invita la madre a casa sua a Helsinki e durante i giorni di permanenza le consiglia di fare un giro assieme a lei alla Fiera del libro.
Selma accetta di buon grado sebbene non le piacciano i libri di fiction e preferisca storie vere o che so? La storia del sistema solare, libri di ricette di cucina, roba del genere insomma.
In quel luogo fertile e ricco di intelligenze Selma incontra uno scrittore che le propone di raccontarle la sua vita visto che la signora è così reticente verso gli scrittori, per non dire polemica, al prezzo di settemila euro.
Vendere il racconto della sua vita a uno scrittore? Selma sarebbe contraria ma alla fine accetta.
A Selma questi soldi servono per curare Helena da una profonda depressione che l'ha afflitta dopo aver perso la sua dorata figliola.
Accetta e in vari appuntamenti che seguiranno con lo scrittore comincia a raccontargli una realtà "alterata" dei suoi figli.
Quanto siano allegri, di successo, vincenti. Lo scrittore conosce uno di questi figli, Pekka.
In realtà il ragazzo fa il mestiere di "imbucato ai funerali".
Per mangiare il ragazzo, senza lavoro va a funerali di gente sconosciuta, talvolta facendo delle figure ridicole perché non conosce nemmeno lui la storia del morto e pensa che "la prossima volta dovrà studiare meglio il caro estinto". Oppure vive altre ma simili situazioni paradossali per poter mangiare.
Un'altra delle figlie di Selma Maija finisce con un ragazzo nero. In Finlandia dev'essere ancora un trauma. Per la famiglia di Selma all'inizio lo è stato. Una storia del tipo: "Indovina chi viene a cena?"
Accettato purché la figlia sia felice il ragazzo lascia il lavoro che svolge, autista d'autobus per motivazioni a dir poco assurde, una discussione con dei ragazzi. I due si ritrovano senza stipendio.
Intanto la figlia di Helena scompare e una vendetta è pronta per far tornare perfino la favella al marito di Selma, Paavo che a un certo punto ha smesso di punto in bianco di parlare causa troppi traumi in famiglia.
Un romanzo crudo a tratti leggero ma sempre con una vena di tristezza intrisa allo humor.
Quando lo leggerete vedrete che è nel migliore stile degli autori del Nord-Europa, leggero nonostante tutto sebbene le tematiche trattate siano durissime, i problemi immani e la descrizione della mutilazione orripilante.
Pur tuttavia, lo leggerete in mezza giornata o meno e tutto scivolerà via sebbene quando chiuderete il libro e lo riporrete in uno scaffale rimarrà più di una punta d'amarezza.
Quello che rimarrà sarà lo specchio della nostra società. Una società sempre più ingarbugliata, una società che non riesce a riconnettere le persone, una società che crea dispersione e disperazione sotto ogni punto di vista.
Le ultime frasi del libro: "Con i settemila euro ho potuto offrire a Helena una terapia così efficace che la persona uscita dalla porta di quella clinica non ha niente a che vedere con quella che c'era entrata. Non ho riavuto esattamente la mia primogenita di una volta ma almeno l'ho riavuta..."
Anna Maria Polidori
Ha scritto un romanzo che lascia l'amaro in bocca: "Un pezzo di uomo".
Un pezzo di uomo è un titolo letterale. Sì: non andate a cercare significati diversi, magari figurativi. "Che pezzo d'uomo quello" ad esempio. Ecco: no, la storia è che al termine ci sarà davvero da qualche parte un pezzo d'un uomo che verrà reclamato per vendetta e conservato gelosamente. Nessuno sarà ucciso ma qualcuno verrà, sì, mutilato.
La storia è quella di una signora in pensione, Salme un tempo gestrice con il marito di un negozio di merceria grazie al quale ha garantito una vita dignitosa ai tre figli.
Ormai grandi, una delle figlie di Selma, Helena invita la madre a casa sua a Helsinki e durante i giorni di permanenza le consiglia di fare un giro assieme a lei alla Fiera del libro.
Selma accetta di buon grado sebbene non le piacciano i libri di fiction e preferisca storie vere o che so? La storia del sistema solare, libri di ricette di cucina, roba del genere insomma.
In quel luogo fertile e ricco di intelligenze Selma incontra uno scrittore che le propone di raccontarle la sua vita visto che la signora è così reticente verso gli scrittori, per non dire polemica, al prezzo di settemila euro.
Vendere il racconto della sua vita a uno scrittore? Selma sarebbe contraria ma alla fine accetta.
A Selma questi soldi servono per curare Helena da una profonda depressione che l'ha afflitta dopo aver perso la sua dorata figliola.
Accetta e in vari appuntamenti che seguiranno con lo scrittore comincia a raccontargli una realtà "alterata" dei suoi figli.
Quanto siano allegri, di successo, vincenti. Lo scrittore conosce uno di questi figli, Pekka.
In realtà il ragazzo fa il mestiere di "imbucato ai funerali".
Per mangiare il ragazzo, senza lavoro va a funerali di gente sconosciuta, talvolta facendo delle figure ridicole perché non conosce nemmeno lui la storia del morto e pensa che "la prossima volta dovrà studiare meglio il caro estinto". Oppure vive altre ma simili situazioni paradossali per poter mangiare.
Un'altra delle figlie di Selma Maija finisce con un ragazzo nero. In Finlandia dev'essere ancora un trauma. Per la famiglia di Selma all'inizio lo è stato. Una storia del tipo: "Indovina chi viene a cena?"
Accettato purché la figlia sia felice il ragazzo lascia il lavoro che svolge, autista d'autobus per motivazioni a dir poco assurde, una discussione con dei ragazzi. I due si ritrovano senza stipendio.
Intanto la figlia di Helena scompare e una vendetta è pronta per far tornare perfino la favella al marito di Selma, Paavo che a un certo punto ha smesso di punto in bianco di parlare causa troppi traumi in famiglia.
Un romanzo crudo a tratti leggero ma sempre con una vena di tristezza intrisa allo humor.
Quando lo leggerete vedrete che è nel migliore stile degli autori del Nord-Europa, leggero nonostante tutto sebbene le tematiche trattate siano durissime, i problemi immani e la descrizione della mutilazione orripilante.
Pur tuttavia, lo leggerete in mezza giornata o meno e tutto scivolerà via sebbene quando chiuderete il libro e lo riporrete in uno scaffale rimarrà più di una punta d'amarezza.
Quello che rimarrà sarà lo specchio della nostra società. Una società sempre più ingarbugliata, una società che non riesce a riconnettere le persone, una società che crea dispersione e disperazione sotto ogni punto di vista.
Le ultime frasi del libro: "Con i settemila euro ho potuto offrire a Helena una terapia così efficace che la persona uscita dalla porta di quella clinica non ha niente a che vedere con quella che c'era entrata. Non ho riavuto esattamente la mia primogenita di una volta ma almeno l'ho riavuta..."
Anna Maria Polidori
Educazionedi una donna - Elizabeth Percer
Naomi è una ragazzina, io-narrante della storia, che vive a un tiro di schioppo dalla casa natale del presidente Kennedy. Suo padre ha un'adorazione per il presidente ma in particolare per Rose Kennedy, la matriarca.
Naomi ha visto centinaia di volte l'interno della casa dove Kennedy ha vissuto la sua giovinezza perché suo padre ce l'accompagna spesso così come ama accompagnarci amici e colleghi di lavoro.
Un giorno durante una visita alla casa dei Kennedy suo padre viene colto da infarto e la vita interiore di Naomi cambia. Decide che da grande vorrà curare cuori e diventare un grande dottore. Il primo passo? Il Wellesley College.
Elizabeth Percer autrice del libro e ex studentessa del Wellesley College dove ha preso un Bachelor of Art in inglese ha fornito un ritratto reale e sincero di un'istituzione tra le più prestigiose del Massachusetts. Questo istituto per sole ragazze dopo quattro anni indirizzerà le ragazze verso altre luminose università quali Harvard, Yale, per completare gli studi.
La casa di Naomi è sempre stata piena di libri e suo padre la prepara ad affrontare un'istituzione che ammette solo le ragazze migliori e con un punteggio scolastico più che eccellente.
Naomi intanto conosce un bambino, figlio di una nuova coppia di vicini di casa, Teddy.
La loro un'amicizia bella, intensa durerà fino alla loro pre-adolescenza, quando Teddy, con in cuore un triste segreto che i due amichetti seppelliranno nel vero senso della parola nel giardino di casa, dovrà lasciare la casa e Naomi per trasferirsi altrove, una volta scomparso di colpo il padre.
Naomi è devastata. Comincia a correre. Corre per sfogarsi, corre per rabbia, corre per quell'impotenza che fa pensare all'ingiustizia del mondo. Trovare qualcuno con cui stai bene e poi perderlo.
Il tempo trascorre, Naomi cresce e viene accettata al Wellesley College. Sinora è stata una ragazza che non ha mai dato problemi.
Permane in lei la malinconia per Teddy. Non è riuscita a costruire un rapporto sentimentale stabile con nessun altro ragazzo. Sebbene Teddy l'abbia lasciata da piccola Naomi sente quell'amore in forma intensa e resta rinchiusa nel suo bozzolo.
Una studentessa eccellente sino alla sua entrata nel club della Shakespeare Society scelta quella di Naomi avversata dalla sua compagna di stanza.
Queste istituzioni prestigiose tendono a creare gruppi (ricordate L'Attimo Fuggente con Robin Williams?) in cui gli studenti possano ritrovarsi per condividere assieme una passione.
Naomi stringe amicizia con diverse ragazze della Shakes inclusa Jun una studentessa arrivata dal Giappone e che avrebbe tanto voluto terminare i suoi studi negli Stati Uniti.
Purtroppo il diavolo ci metterà lo zampino.
Nel mentre il rendimento scolastico di Naomi precipita a un livello tale per cui un'ammissione ipotetica presso un'università come Harvard per medicina impensabile.
Così viene contattata dalla preside. Non pare le importi nulla di quanto la preside le stia dicendo e se ne va via senza prendere in mano il foglio con i numeri di telefono di una tutor e della stessa preside, resasi disponibile per accompagnare sino alla compiuta realizzazione il sogno di Naomi.
Chi lo sa se sia stata l'ebbrezza della libertà per questa figlia unica, il desiderio di vivere la sua giovinezza come voleva.
Fatto sta alla fine Naomi non c'entrerà l'obiettivo di una iscrizione a medicina presso una prestigiosa università.
Questa la parte più amara a mio modo di vedere del romanzo.
Quando una bella intelligenza perde la retta via è triste e penoso.
Però le priorità di Naomi sono anche altre e la ragazza non si è proprio "persa". Ha subìto una nuova evoluzione e compiuto scelte diverse che per quanto possano di primo acchitto apparire "dolorose" fanno parte del percorso umano di ciascun individuo.
Teddy, la sua croce e la sua fissa.
Alla fine sua madre le confesserà che il ragazzo purtroppo non è più quello di un tempo.
C'è lieto fine per tutti. Naomi realizzerà in parte il suo sogno, curare i cardiopatici, ma al tempo stesso ritroverà in forma diversa Teddy e finalmente, l'amore, bello, pieno e consapevole.
Durante il romanzo così come scorre la vita di Naomi assistiamo al progredire delle esistenze dei genitori della ragazza che intanto passano, inghiottite dalla vita e riconsegnate alla morte.
Anna Maria Polidori
Naomi ha visto centinaia di volte l'interno della casa dove Kennedy ha vissuto la sua giovinezza perché suo padre ce l'accompagna spesso così come ama accompagnarci amici e colleghi di lavoro.
Un giorno durante una visita alla casa dei Kennedy suo padre viene colto da infarto e la vita interiore di Naomi cambia. Decide che da grande vorrà curare cuori e diventare un grande dottore. Il primo passo? Il Wellesley College.
Elizabeth Percer autrice del libro e ex studentessa del Wellesley College dove ha preso un Bachelor of Art in inglese ha fornito un ritratto reale e sincero di un'istituzione tra le più prestigiose del Massachusetts. Questo istituto per sole ragazze dopo quattro anni indirizzerà le ragazze verso altre luminose università quali Harvard, Yale, per completare gli studi.
La casa di Naomi è sempre stata piena di libri e suo padre la prepara ad affrontare un'istituzione che ammette solo le ragazze migliori e con un punteggio scolastico più che eccellente.
Naomi intanto conosce un bambino, figlio di una nuova coppia di vicini di casa, Teddy.
La loro un'amicizia bella, intensa durerà fino alla loro pre-adolescenza, quando Teddy, con in cuore un triste segreto che i due amichetti seppelliranno nel vero senso della parola nel giardino di casa, dovrà lasciare la casa e Naomi per trasferirsi altrove, una volta scomparso di colpo il padre.
Naomi è devastata. Comincia a correre. Corre per sfogarsi, corre per rabbia, corre per quell'impotenza che fa pensare all'ingiustizia del mondo. Trovare qualcuno con cui stai bene e poi perderlo.
Il tempo trascorre, Naomi cresce e viene accettata al Wellesley College. Sinora è stata una ragazza che non ha mai dato problemi.
Permane in lei la malinconia per Teddy. Non è riuscita a costruire un rapporto sentimentale stabile con nessun altro ragazzo. Sebbene Teddy l'abbia lasciata da piccola Naomi sente quell'amore in forma intensa e resta rinchiusa nel suo bozzolo.
Una studentessa eccellente sino alla sua entrata nel club della Shakespeare Society scelta quella di Naomi avversata dalla sua compagna di stanza.
Queste istituzioni prestigiose tendono a creare gruppi (ricordate L'Attimo Fuggente con Robin Williams?) in cui gli studenti possano ritrovarsi per condividere assieme una passione.
Naomi stringe amicizia con diverse ragazze della Shakes inclusa Jun una studentessa arrivata dal Giappone e che avrebbe tanto voluto terminare i suoi studi negli Stati Uniti.
Purtroppo il diavolo ci metterà lo zampino.
Nel mentre il rendimento scolastico di Naomi precipita a un livello tale per cui un'ammissione ipotetica presso un'università come Harvard per medicina impensabile.
Così viene contattata dalla preside. Non pare le importi nulla di quanto la preside le stia dicendo e se ne va via senza prendere in mano il foglio con i numeri di telefono di una tutor e della stessa preside, resasi disponibile per accompagnare sino alla compiuta realizzazione il sogno di Naomi.
Chi lo sa se sia stata l'ebbrezza della libertà per questa figlia unica, il desiderio di vivere la sua giovinezza come voleva.
Fatto sta alla fine Naomi non c'entrerà l'obiettivo di una iscrizione a medicina presso una prestigiosa università.
Questa la parte più amara a mio modo di vedere del romanzo.
Quando una bella intelligenza perde la retta via è triste e penoso.
Però le priorità di Naomi sono anche altre e la ragazza non si è proprio "persa". Ha subìto una nuova evoluzione e compiuto scelte diverse che per quanto possano di primo acchitto apparire "dolorose" fanno parte del percorso umano di ciascun individuo.
Teddy, la sua croce e la sua fissa.
Alla fine sua madre le confesserà che il ragazzo purtroppo non è più quello di un tempo.
C'è lieto fine per tutti. Naomi realizzerà in parte il suo sogno, curare i cardiopatici, ma al tempo stesso ritroverà in forma diversa Teddy e finalmente, l'amore, bello, pieno e consapevole.
Durante il romanzo così come scorre la vita di Naomi assistiamo al progredire delle esistenze dei genitori della ragazza che intanto passano, inghiottite dalla vita e riconsegnate alla morte.
Anna Maria Polidori
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