Il Destino di una Famiglia
di Marie Lamballe pubblicato da Rizzoli e rilanciato da Club per Voi è un potente libro sulla seconda guerra mondiale. Non avevo mai letto un romanzo che descrivesse gli umori dei tedeschi all'arrivo degli Americani.
La Germania usciva distrutta dalla guerra, conservando intatta la sua cultura raffinata e poderosa: i vanti del passato, la grande eredità lasciata da colossi della musica classica, un pensiero letterario profondo facevano apparire gli americani con il loro swing, la loro leggerezza, un popolo ancor più alieno ed estraneo di quanto non fosse.
In realtà questa è una saga e se leggerete questo libro, sentirete pure voi il desiderio di conoscere che cosa accadrà poi ai protagonisti. In Germania sono arrivati alla pubblicazione del quarto volume.
Siamo a Weisbaden. e più precisamente al Cafè Engels, Caffè degli Angeli, suona bene vero?
Else e Hilde Koch, madre e figlia ne sono le proprietarie. Gente affabile, le signore vivono al piano superiore del Cafè dove hanno inoltre stanze ed appartamenti da offrire, affittare o, adesso, da dare agli sfollati, volens o nolens. Le signore sono restate da sole da quando Heinz, padre di Hilde e marito di Else è andato in guerra.
È più che chiara la disfatta dei tedeschi e quell'irragionevolezza che ha portato Hitler a sterminare gli ebrei ha invece convinto i Koch a difendere una sarta del locale teatro, Julia Wemhoner di origine ebraica e a nasconderla in un appartamento. La sarta, una donna di gran cuore, è segretamente innamorata di Addi, un tenore del teatro: in effetti, più che amare lui, ama i personaggi che interpreta. Nella vita reale quel cantante lirico appare così goffo e timido!
Le preoccupazioni per Hilde ed Else sorgono quando marito e moglie, due nazisti convinti, chiedono rifugio al Caffè Engels. Julia deve continuare ad essere difesa con i denti.
In uno scenario apocalittico, assisteremo poi alle vicende di Luisa, una ragazza imparentata con i Koch, di Fritz, del povero Jean-Jacques, intrappolato in una storia d'amore che lo rende infelice.
I capitoli focalizzano l'attenzione su questi personaggi: Hilde, Luisa, Julia, Jean-Jacques, Heinz.
Come si vive in guerra? È tutto difficile.
Bevande e cibi appaiono introvabili. L'orzo spesse volte viene fatto ribollire, il caffè di cicoria sostituisce il caffè, il cibo può arrivare miracolosamente grazie a qualche persona amica o viene preso al mercato nero o nelle campagne.
Le campagne: gli unici luoghi dove la gente continua a mangiare bene, perché dove c'è una mucca c'è latte, dove ci sono galline le uova non mancano, dove ci sono animali domestici la carne è assicurata. Gli alberi danno frutta, l'orto ortaggi, insalate, i campi offrono grano che poi diventerà farina.
Credo che il mio personaggio preferito resti Heinz, il babbo di Hilde, perché in tutto quel gran casino, e con le sofferenze che la guerra gli ha portato, una volta tornato a casa riesce ad elevare l'animo e attraverso una rete di musicisti di cui il Cafè Engels è sempre stato composto, tornare a riorganizzare concerti ed eventi musicali.
La cosa irrita le donne perché questi amici non pagano le consumazioni così spesso terminano le vivande a causa della giovialità di Heinz, ma è proprio Heinz a capire che il segreto per vivere felici è l'amicizia e l'aiuto che possiamo offrire agli altri e a noi stessi nonché il desiderio di bellezza che passa tramite l'ascolto di bellissime composizioni che elevano lo spirito e fanno dimenticare la bruttezza umana.
Impressionante è lo spaccato offerto dagli uomini, tutti, in guerra tramutati in orride bestie, oppure sfigurati e pesantemente feriti. Nessuno tornerà a casa come era prima. La guerra li cambierà tanto interiormente che esteriormente. Nessuno di loro sarà più tutto integro o sano: ci saranno ferite che dovranno portare addosso per il resto dei loro giorni.
Ed allora ti chiedi che senso abbia andare in guerra, credere nel proprio Paese, quando in realtà la vita verrà distrutta, i progetti dovranno essere drasticamente modificati e le ferite, interiori e fisiche, permarranno per sempre.
A che scopo vivere l'orrore?
Anna Maria Polidori