I want to set free this last important interview, to my point of view, realized three years ago, month more, month less.
A long gestation.
At first I sent the interview, and I thank the vice-editor of a very known international monthly magazine.
I waited for the publication two years; then the monthly magazine became a weekly one, and they were not interested anymore in this product.
I tried to contact other magazines but I am not known, or just, they were/are not interested in the topic.
There was a magazine...They said me of sending them the material but I read that it would have become their proprierty and I didn't want to risk.
Joseph: he called me once in Italy when I was driving home from the hospital of Umbertide. What a days, that ones! We went to the ER for a medication at a finger I had personally damaged closing the car door and opening his thumb as if it would have been a book. And the previous day I damaged his car. Yes, it was a terrible moment. I was still in shock.
Joseph said me that he wanted to share with me the vernissage of an estimated british painter; he had an art gallery called Grefti at that time. I love art galleries. I love paintings, painters, art in general.
He asked me if I could attend the event of Umbertide. To me it meant a moment of mental relaxation considering the hell I experienced the days before. And I was happy.
When I met him, we arranged an interview.
Joseph worked with some of the most important American stars.
I read the interviews previously realized and I thought I wanted to do something completely different. An interview speaking of substance. I didn't want to know where, how and who an actress could have let him see her graces; I didn't want to see the lightest face of Hollywood.
I wanted to speak with the man, trying to give the best idea of Roveto, first of all and the world he lived in.
Oh: the interview was realized in various moments. When we completed it we also spoke of 9/11 and after few days there was the terrorist attack at the Bataclan of Paris, the beginning of a new series of incredibly sad terrorist attacks of ISIS involving, this time, Europe. I remember that the city of Umbertide, with a massive presence of foreigners, more than 2000 muslins, and other dozens of ethinic groups, organized an event for celebrating the diversity and multiculturalism, passing through food as well.
Then there was the scandal Weinstein and the #MeToo movement.
I didn't obtain answers from him. I tried in many different ways, phone, emails, texts, I asked the help of a common friend, but the thematic was delicate.
At the moment Joseph is trying to sell the beautiful house where he lives in and, for what they told me, he will return to live in Rome.
The interview is in italian.
"Un amico piombò a casa rivelandomi che a breve ci sarebbe stata una premiazione in un prestigioso hotel di Los Angeles il Century Plaza che avrebbe visto come protagonista Audrey Hepburn. Audrey vestiva Givenchy e avrebbe assegnato un riconoscimento alla maison. Non potevo perdermi quest'occasione. Durante la serata, stavano servendo la cena, ho visto questa apparizione sedersi accanto a me: magra, elegante. Fu una semplice conversazione di pochi minuti, parlammo dell'evento, sebbene mi sentissi stordito da tanta classe.
Non le posso spiegare la bellezza di quella donna.
Rimasi impressionato dal suo portamento, dal suo stile. Quella sua grazia eterea mi fece pensare che avessi di fronte una creatura ultraterrena. La rividi una seconda volta, dietro le quinte degli Oscars perché avrebbe presentato un premio."
Joseph Roveto ex costumista di Hollywood è magro, elegante, indossa una camicia a righe e un paio di pantaloni sportivi. I Lemtosh della Moscot lo riconducono alle sue origini newyorkesi, così come il sorriso di quelle parti, forte e aggressivo. Non gli sfugge niente e sebbene sembri talvolta svagato e noncurante, tiene tutto e tutti sotto stretto controllo. Ormai di casa a Umbertide, Umbria, dove ha svariati amici, vive nel centro storico con il suo compagno Paul Bannow, veterinario, e la loro cagnolina Georgia.
"In realtà avrei voluto vivere a Milano per il fashion; il mio compagno a Roma. Avevo vissuto a Roma venticinque anni fa e per me era troppo caotica: con Umbertide, abbiamo raggiunto un compromesso ragionevole."
Mentre parliamo, una giovane cameriera affabile e sorridente del Bar Centrale, dove stiamo realizzando l'intervista, si avvicina.
"Ciao Giovanna, come stai? Ti aspetto per il corso di inglese il prossimo lunedì?".
"Certo Joseph e grazie: quella applicazione per gli esercizi è davvero carina".
Joseph, mi spiega Giovanna, tiene corsi d'inglese a casa per chi vuole imparare la lingua. "Ci divertiamo come matti durante quell'ora e mezza".
Roveto non ha scelto come tanti stranieri illustri residenti nel territorio umbro di andare a vivere in una casa sperduta e remota delle campagne vicine.
No: lui ha preferito il centro e la comodità. Piazza Matteotti, dove stiamo parlando. Di fronte a quell'attico che Joseph chiama "il suo ufficio" c'è il municipio cittadino, anche se, ora, ha intenzione di ridimensionarsi, vendendolo.
Roveto racconta che la sua famiglia è per tre quarti sicula e per un terzo napoletana.
"Mio padre Rosario e mia mamma Jolanda sono nati negli Stati Uniti. I nonni erano emigranti. La mia è la terza generazione. Ci era proibito parlare italiano per evitare discriminazioni. I miei, però, certe volte discutevano in dialetto. Era divertente starli a sentire.
Ci bastavamo perché eravamo numerosi. Ho due sorelle, quarantotto cugini italo-americani. Vivevo a Brooklyn ma sono cresciuto nel Queens. L'identità culturale che preservavamo passava attraverso il cibo, i film italiani, gli abiti, la religione, la messa la domenica. La mamma era una cantante ma fece la donna di casa per crescere noi figli abbandonando le sue ambizioni artistiche".
Come è nata la passione per il cinema?
"New York è una città dove a ogni angolo trovavo minimo quattro cinema dove andare a vedere qualcosa. Ogni giorno vedevo films. Esercitavano un'azione catartica sulla mia anima. A quel tempo per me quello era un mondo magico".
Suo padre era un macellaio.
"Negli anni '50 la maggior parte se non la totalità dei macellai di New York erano italiani. Mio padre aveva diversi negozi di macelleria, tutti meravigliosi e con un'ottima carne. Era un bell'uomo, prestante, attraente. Ci teneva al suo aspetto esteriore. Anche per me con il tempo è stato fondamentale vestirmi bene e andare a scuola in ordine. L'aspetto esteriore gioca un ruolo importante. Papà non era una persona perfetta e ci aveva rattristato. A un certo punto mia mamma decise di accompagnarmi quando, a 17 anni, decisi di trasferirmi in California per inseguire il mio sogno di celluloide. I primi tempi non sono stati semplici ma ho amato subito la California. Spaziosa, ariosa, solare, se paragonata alla claustrofobica New York che mi lasciavo alle spalle. Tutti sembravano giovani e poi quelle auto immense, il traffico, i colori. Un altro mondo".
Joseph frequenta l'UCLA. A 21 anni non sa ancora che piega prenderà la sua vita. Decide così di volare in Europa per un viaggio indimenticabile accompagnato solo da un diario.
"Per noi Americani l'Europa è piccola se paragonata agli Stati Uniti. Durante quei tre mesi in cui volevo capire chi fossi e dove volessi andare sono stato in Regno Unito, Francia, Germania, Danimarca, Grecia, Svizzera, Spagna, Olanda, Italia. Proprio in Italia ho intuito che la direzione che volevo prendere era quella del fashion. Rimasi incantato dalla moda italiana".
Il suo primo lavoro di rilievo in Mork & Mindy con un giovanissimo, geniale Robin Williams. Un ruolo uncredited, cioè non menzionato sui titoli di coda o su IMDB ma che ha fatto la differenza.
"Ero all'inizio della mia carriera. Un dresser, in gergo. Mi occupavo di Robin".
Allora parliamone.
"Williams era sempre allegro, un vulcano d'idee e di entusiasmo. Aveva una vena di follia tutta sua. Recitava di continuo anche quando ci diceva che doveva andare al bagno. Divertimento allo stato puro. Professionale, intelligente, in gamba, rispettoso e una persona precisa e seria. Ridevamo sempre grazie a lui."
Dopo Mork & Mindy il suo primo lavoro importante fu al Sonny & Cher Comedy Hour.
"C'era tanto lavoro da sbrigare ma grande creatività al tempo stesso da donare. Un continuo cambio di costumi. Lavoravo con Bob Mackie, un grande costumista. È stato meraviglioso lavorare con lui. Cher era provocante, bellissima, sexy. Per me un grande lancio nell'industria cinematografica. Ho imparato molto in quel poco tempo."
Joseph spiega che lui era un freelance.
"Non c'è certezza che lavorerai e soprattutto non sai quando e con chi. Il mondo di Hollywood è competitivo e politico sotto certi aspetti e non sono mai stato un tipo particolarmente estasiato dall'ambiente. Hollywood a un certo punto non mi impressionava più. Non avevo forse il giusto ego. L'avessi avuto, chissà, forse sarei diventato ancora più noto e famoso."
Chi sceglie un costumista a Hollwyood?
"Ho lavorato due anni con Steven Spielberg e ogni settimana avevamo una riunione di tutti i vari dipartimenti della serie televisiva Amazing Stories. Make-up, effetti speciali, suoni, costumi e mi creda se le dico che per Amazing Stories c'erano decine di costumi. Bene: ho partecipato a tutte quelle riunioni ma Spielberg non mi ha mai chiesto niente dei costumi. Si fidava ciecamente. In linea di massima è la produzione nella figura del manager di produzione a assumere un costumista. Le ho detto che hanno intenzione di tornare a fare un remake di Amazing Stories?"
Roveto ha lavorato in produzioni positive, perfino in una bella storia a lieto fine, Angels in the Outfield.
Crede negli angeli?
"No, amo il fantasy ma non credo negli angeli. Però, credo nei fantasmi. Quando abbiamo filmato a Alcatraz in Murder in the First con Kevin Bacon, lì puoi vedere i fantasmi. Li puoi sentire. Il luogo è gelido e il dolore, la freddezza, la morte palpabili. Ogni giorno venivamo accompagnati con una barca sull'isola. Filmavamo nella galera. Era tutto dannatamente freddo: dall'acqua, all'aria, perfino la nebbia sepolcrale che avvolgeva l'isola era fredda come la morte. La storia deprimente, il film low budget. Niente di bello".
Quanto conta l'intelligenza per arrivare?
Crede conti solo quella? No: la fiducia è la prima cosa. Poi l'intelligenza, in terzo luogo l'ambizione e infine la tenacia. Non mollare mai."
Era un'icona per noi ex-ventenni tutte innamorate di Kevin Costner e del suo JFK, ma Roveto ne ha avuto una pessima impressione.
"Se lei mi avesse chiesto con chi mi fossi trovato in difficoltà sul set non avrei avuto dubbi: lui. Uomo bellissimo e prestante ma difficile da accontentare, come anche un'altra attrice, Raquel Welch."
Diversa invece l'opinione di Roveto su Hector Helizondo, diventato famoso in Pretty Woman nel ruolo del gestore dell'albergo di lusso dove alloggiavano Vivian, Julia Roberts e Edward, Richard Gere.
"Un vero gentiluomo".
Mi parli di Michael Jackon.
"Lavorai con lui quando era con i Jackson 5. Già da allora voleva che tutto fosse più bello e grande e colorato."
Tom Cruise in All Right Moves.
"Cruise è un tipo esigente, preciso, pignolo, scrupoloso. Voleva che facessi bene il mio lavoro. Sapeva quello che voleva. Era concentrato e determinato".
Riesce a essere idealista, Joseph?
"Non è semplice esserlo però sono una persona curiosa. Adoro mangiare e così cucino biscotti. Amo incontrare persone nuove. Questo mi permette di andare avanti, di restare giovane. Mangio il giusto e faccio tanto jogging."
C'è stato un prima e un dopo nel cinema americano, e questo si chiama 11 settembre 2001. Dove si trovava quella mattina?
"Stavo guidando con la mia auto e ero appena arrivato all'aereoporto di Los Angeles per prendere il volo per Sacramento. Andavo a trovare mia madre. Ci comunicarono che tutti i voli erano stati sospesi. Fu un lungo viaggio in auto e uno shock".
Dopo il cinema la sua vita è cambiata e ha deciso di venire a vivere in Italia.
"Mesi fa abbiamo accettato di raccontare a una troupe televisiva di House Hunters International cosa voglia dire trasferirsi in un luogo diverso dal proprio Paese. La pressione di quei giorni è stata tanta. Mi sono ripreso solo adesso."
Come: lei abituato ai ciak e alla recitazione ha subìto uno stress?
"La TV non vuole dire sempre rilassatezza. Ho trovato l'intero processo stancante. Cominciavamo a filmare alle 7 di mattina e terminavamo alle 19. La trasmissione ricostruiva i passaggi che hanno preceduto l'acquisto della casa, quindi le varie case che avevamo deciso di vedere. Non avevamo una sceneggiatura su cui basarci. Non solo: ho dovuto togliere foto, quadri e stampe per evitare possibili contenziosi anche abbastanza cospicui in denaro da parte di enti e/o persone che potessero richiedere risarcimenti".
Un esempio?
"Una stampa di un altro personaggio pubblico. Non ho potuto nemmeno tenere una foto mia e di mia sorella perché mia sorella non era in città per firmare la liberatoria".
Il filmato è stato presentato agli abitanti di Umbertide a Civitella Ranieri, curato dalla Civitella Ranieri Foundation con sede a New York, struttura che ospita scrittori di primo livello. Tra gli altri, Matthew Thomas autore di Non siamo piu noi stessi edito da Neri Pozza, Sebastian Faulks, Dermot Bolger, Azar Nafisi; l'anno passato la figlia di Mark Strand, Jessica Strand e poi Ann Goldstein traduttrice americana di Elena Ferrante e dell'Amica Geniale nonché ex editor del New Yorker.
Questa realtà letteraria è supportata dallo stesso Roveto il quale dopo aver lasciato senza troppi complimenti Hollywood è diventato consulente di immagine.
Anna Maria Polidori